domenica 9 novembre 2014

Conflitto tra supreme Corti (Corte internazionale di giustizia (ONU) e Corte costituzionale italiana) in materia di immunità degli Stati dalla giurisdizione e principi fondamentali nella recentissima sentenza Corte cost. n. 238/2014. Risarcimenti per danni a seguito di crimini di guerra. Controversia Italia-Germania.


La sentenza della Corte costituzionale n. 238/2014 (Presidente e Relatore-Redattore Giuseppe Tesauro) appare a dir poco rivoluzionaria, quasi "sovversiva" (in senso positivo secondo il mio punto di vista). Per vari motivi che brevemente (e non senza difficoltà) vado a spiegare. Rinviando a coloro che sono maggiormente interessati 1) al sito della Corte costituzionale per il testo integrale della sentenza e, 2) ai tempestivi commenti di Lorenzo Gradoni e Pasquale De Sena nel Blog SIDI (http://www.sidi-isil.org/sidiblog). Alla base del giudizio stanno i giudizi di legittimità costituzionale promossi dal Tribunale di Firenze in ordine all’art. 1 della legge 17 agosto 1957, n. 848 (Esecuzione dello Statuto delle Nazioni Unite, firmato a San Francisco il 26 giugno 1945) e dell’art. 1 [recte: art. 3] della legge 14 gennaio 2013, n. 5 (Adesione della Repubblica italiana alla Convenzione delle Nazioni Unite sulle immunità giurisdizionali degli Stati e dei loro beni, firmata a New York il 2 dicembre 2004, nonché norme di adeguamento dell’ordinamento interno. Più nello specifico, il Tribunale di Firenze ha sollevato questione di legittimità costituzionale: 1) della «norma prodotta nel nostro ordinamento mediante il recepimento, ai sensi dell’art. 10, primo comma, Cost.», della consuetudine internazionale accertata dalla Corte internazionale di giustizia (CIG) nella sentenza del 3 febbraio 2012, nella parte in cui nega la giurisdizione nelle azioni risarcitorie per danni da crimini di guerra commessi iure imperii dal Terzo Reich nello Stato del giudice adito; 2) dell’art. 1 della legge 17 agosto 1957, n. 848 (Esecuzione dello Statuto delle Nazioni Unite, firmato a San Francisco il 26 giugno 1945), nella parte in cui, recependo l’art. 94 dello Statuto dell’ONU, obbliga il giudice nazionale ad adeguarsi alla pronuncia della CIG quando essa ha stabilito l’obbligo del giudice italiano di negare la propria giurisdizione nella cognizione della causa civile di risarcimento del danno per crimini contro l’umanità; 3) dell’art. 1 (recte: art. 3) della legge 14 gennaio 2013 n. 5 (Adesione della Repubblica italiana alla Convenzione delle Nazioni Unite sulle immunità giurisdizionali degli Stati e dei loro beni, firmata a New York il 2 dicembre 2004, nonché norme di adeguamento dell’ordinamento interno), nella parte in cui obbliga il giudice nazionale ad adeguarsi alla pronuncia della CIG anche quando essa ha stabilito l’obbligo del giudice italiano di negare la propria giurisdizione nella cognizione della causa civile di risarcimento del danno per crimini contro l’umanità, commessi iure imperii dal Terzo Reich nel territorio italiano, in riferimento agli artt. 2 e 24 della Costituzione. Semplificando, la questione ruota intorno agli artt. 2 e 24 della Costituzione italiana. "Le richiamate norme vengono censurate in riferimento agli artt. 2 e 24 Cost., in quanto, impedendo l’accertamento giurisdizionale e l’eventuale condanna delle gravi violazioni dei diritti fondamentali subìte dalle vittime dei crimini di guerra e contro l’umanità, perpetrati sul territorio dello Stato italiano, investito dall’obbligo di tutela giurisdizionale, ma commessi da altro Stato, anche se nell’esercizio dei poteri sovrani (iure imperii), contrasterebbero con il principio di insopprimibile garanzia della tutela giurisdizionale dei diritti, consacrato nell’art. 24 Cost., il quale è principio supremo dell’ordinamento costituzionale italiano ed in quanto tale costituisce limite all’ingresso sia delle norme internazionali generalmente riconosciute, ex art. 10, primo comma, Cost., che delle norme contenute in trattati istitutivi di organizzazioni internazionali aventi gli scopi indicati dall’art. 11 Cost. o derivanti da tali organizzazioni".  Si tratta pertanto di valutare quale norma deve prevalere tra la consuetudine internazionale, il diritto pattizio (Statuto ONU e Convenzione delle Nazioni Unite sulle immunità giurisdizionali degli Stati e dei loro beni) e principi inviolabili della Costituzione quali, nel nostro caso, la garanzia di una tutela giurisdizionale effettiva. La sentenza, seppur "contestataria", altro non intende fare se non garantire un adeguato livello di tutela dei diritti individuali, ossia, garantire il risarcimento dei danni subìti a seguito di crimini di guerra ancorché il diritto internazionale – in particolare la richiamata sentenza della CIG del 3 febbraio 2012 – neghi questa possibilità nel rispetto dell'immunità degli Stati dalla giurisdizione. La questione non è nuova dinanzi alle Corti. Ricordo che anche la Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo con la recente sentenza Al Dulimi del 26 novembre 2013 e già la Corte di giustizia dell'Unione europea nel caso Kadi del 3 settembre 2008 avevano preso posizione nel senso della prevalenza dei diritti fondamentali su altre norme che impedivano l'esecuzione di quei diritti. In effetti, la Corte costituzionale, nella fattispecie, ha messo in evidenza la carente democraticità del sistema ONU in particolare e dell'ordinamento internazionale in generale; aspetto questo che non può comprimere o ablare il diritto fondamentale della persona alla tutela giurisdizionale effettiva. A me pare che una cultura dei diritti umani si stia assestando nei gangli più intimi degli ordinamenti statali, comportando così una evoluzione di taluni ordinamenti ancorati a logiche diplomatiche non sempre rispondenti al contesto nel quale si opera. Soprattutto se si considera che la tutela dei diritti fondamentali è un capitolo importante e fondamentale del diritto internazionale. E proprio per questo, non appare più prorogabile la netta separazione a tutt'oggi evidente tra diritto internazionale "classico" (Stati) e diritto internazionale dei diritti umani (individui): questa sentenza a mio avviso ha un valore non soltanto giuridico ma anche pedagogico nella prospettiva testé indicata. E' un'occasione unica che la CIG e l'intero sistema ONU non possono lascarsi scappare.