sabato 15 febbraio 2020

UN RINASCIMENTO EUROPEO E' POSSIBILE di Alessandro Ricchi - NUOVA ANTOLOGIA pp.369/75

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12-2019
NUOVA pp.369/75
ANTOLOGIA
Rassegne 369

UN RINASCIMENTO EUROPEO E' POSSIBILE
di Alessandro Ricchi

Massimo Fragola, L'Europa mortificata, G. Giappichelli Editore, Torino,2019;
David Parenzo,I falsari (come l'Unione europea è diventata il nemico perfetto per la politica
italiana), Marsilio, 2019;
Antonio Padoa-Schioppa, Perché l'Europa (Dialogo con un giovane elettore), Ledizioni, 2019;
Giulio Tremonti, Le tre profezie (Appunti per il futuro), Solferino, 2019;
Giacinto della Cananea - Jacques Ziller (a cura di),Il nuovo diritto pubblico europeo (Scritti in onore di Jean-Bernard Auby), Giappichelli Editore, Torino, 2019.

L'art. 2 della Carta dei Diritti dell'Unione Europea (Trattato di Lisbona) sancisce:
«L'Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà,
della democrazia, dell'uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti
umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono
comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla tolleranza,
dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini».
Lungo queste direttrici l'Europa si è mossa con sufficiente coerenza. Ila realizzato
la libertà economica, cioè di far muovere le merci senza limiti, la libertà di
spostamento degli uomini, la libertà delle frontiere, la libertà dei giovani di sentirsi
"a casa propria" in tutte le sue università e in tutte le sue scuole, la libertà di avere,
quasi ovunque, la stessa moneta. Dunque è andata avanti.
Tuttavia è opinione diffusa che oggi questa Europa sia fragile, che non sappia
rispondere alle emergenze perché influenzata dagli opportunismi nazionali. Il passaggio
all'euro (1991) avrebbe dovuto coincidere col passaggio dal "mercato
comune" alla vera e propria unificazione politica europea: cioè passare dall'unione
dei governi a un'Europa politica "unione dei popoli e dei cittadini". Questo processo
è rimasto incompiuto, ha prevalso la logica della "stabilità finanziaria".
Questa fragilità si è evidenziata anche sul piano della politica internazionale: è
vero, si è riusciti a mantenere la Grecia nell'Unione ma l'establishment europeo è
apparso più interessato a salvare la tenuta dei sistemi bancari nazionali che a
dare una prova vera di solidarietà; si pensi poi alle reazioni deboli e incerte davanti
alla crisi' ucraina, alla guerra civile siriana, all'invasione della Crimea, all'insufficiente
lavoro per la tutela della sicurezza dei cittadini europei. L'UE non ha saputo
dare risposte unitarie e autorevoli all'atteggiamento aggressivo degli Stati Uniti,
non ha trovato una risposta comunitaria all'emergenza migratoria. La fine della
guerra fredda purtroppo non ha coinciso con la democratizzazione dei Paesi ex
sovietici: nessuno vuole rinunciare ai vantaggi del mercato integrato ma... viene
rispettata la "qualità etica" di appartenere alla UE? In generale possiamo dire che
l'Europa non ha saputo trovare le risposte giuste sulle emergenze degli ultimi
anni. Risultato: c'è la tendenza a una scontentezza generale, i popoli europei temono
per il loro futuro, alcuni leaders hanno preso strade qualunquiste, qua e là emergono
spinte antieuropee che illudono i cittadini di poter affrontare meglio i propri problemi
dando più spazio agli Stati nazionali contro la "sovranità condivisa" (la "popolocrazia").
Atteggiamenti che contengono grandi rischi e dimenticano le conquiste fino ad oggi ottenute.

Molti dimenticano o non sanno che oggi gli europei rappresentano, sul nostro pianeta, una forza positiva per il benessere acquisito, le aspettative di vita, l'equilibrio
tra lavoro e tempo libero. Però all'orizzonte ci sono parecchie nubi che ci minacciano.
Le dinamiche della geopolitica internazionale suggeriscono un'Unione Europea
più forte e coesa, che sappia affrontare i problemi del governo della crisi economica,
dei flussi migratori, della sicurezza, dell'ambiente, dell'occupazione
(specialmente giovanile), della politica fiscale. Tutti problemi che vanno affrontati
al di là delle resistenze degli Stati nazionali. Le diseguaglianze economico-sociali, il
calo demografico di alcune aree con le logiche ricadute sullo stato sociale, i problemi
conseguenti al continuo progresso delle tecnologie che creano tensioni nel mondo
del lavoro, gli scetticismi dell'antipolitica, la diffidenza dei governanti nazionali non
aiutano. Ma la competizione è internazionale e i singoli Stati non potrebbero proteggersi
da soli, tornare alle frontiere chiuse, alle monete nazionali, ai dazi e all'isolazionismo
nazionale sarebbe un suicidio e rivelerebbe una gretta mentalità provinciale.
Certo non saprebbero e non potrebbero misurarsi e fronteggiare queste
competizioni internazionali, primi fra tutti il fondamentalismo di mercato degli
USA e il capitalismo di Stato della Cina — le vere sfide attuali e future.
D'altronde nelle istituzioni europee restano centrali i valori della democrazia
rappresentativa e dei diritti umani. Purtroppo dopo la fine della guerra fredda alcuni
Paesi ex sovietici non hanno saputo crescere sul piano democratico nonostante che
abbiano ricevuto forti contributi per superare il disastro socio-economico da cui
erano usciti. La Polonia, l'Ungheria e la Romania hanno dimostrato scarso rispetto
per i valori democratici dell'UE. Il governo polacco ha rafforzato il controllo su
compagnie pubbliche, informazione, esercito, sistema giudiziario. Eppure la Polonia,
nel 2017, ha versato alle casse europee 3,048 miliardi di euro mentre la spesa
dell'UE in questo Stato è stata di 11,9 miliardi; l'anno scorso il PIL polacco è cresciuto
del 5,1%. L'Ungheria — tra l'altro — ha ridotto la funzione della Corte costituzionale,
ha esteso il controllo sull'informazione di fatto annullandone ogni libertà
e mettendola tutta (scritta e radiotelevisiva) sotto il controllo del governo-Orbàn;
ampia la censura sulle strutture culturali più importanti; istituzione di un sistema
parallelo di tribunali amministrativi alle dirette dipendenze del ministro della Giustizia.
La UE ha aperto indagini sulla corruzione di Stato (riguardante anche l'uso
dei fondi europei, finiti nelle tasche degli oligarchi vicini al potere). Malgrado tutto
questo, nel 2017 l'Ungheria ha contribuito al bilancio europeo con 821 milioni di
euro e ha incassato fondi per 4,049 miliardi. La Romania, nello stesso anno, ha
versato 1,229 miliardi di euro e ne ha incassati 4,742 (crescita PIL 2018 del 4,1%).
Tuttavia è in balia di una vasta corruzione endemica (molti politici sono finiti in
carcere) e l'UE ha promosso un'indagine sulle frodi ai danni del bilancio dell'UE.'
' In realtà per le sanzioni estreme occorre l'unanimità dei capi di Stato e di governo. Si tratta di un
percorso complicato perché gli Stati sotto accusa per violazioni possono trovare, ovviamente, l'appoggio
di alleati che possono porre il veto. Nella fattispecie, la Polonia può contare sull'Ungheria, sul governo
ceco, e — almeno fino a ieri — sul governo italiano. Si tratta di decisioni di carattere politico. Nel gennaio
di quest'anno la Commissione ha proposto al Parlamento — che l'ha fatta propria e l'ha approvata (col
voto contrario soltanto della Lega e l'astensione del M5S) — di attuare, dal 2021, tagli ai fondi UE per i
Paesi che violano lo Stato dì diritto. La decisione spetterà a Consiglio e Parlamento — ma sarà sufficiente
la maggioranza. All'orizzonte si profilano altre "nubi" in grado di minacciare i valori fondamentali.
In presenza di questa situazione deludente e imbarazzante, la nuova presidente
della Commissione europea ha ribadito l'impegno per la tutela dello Stato di diritto
(ad esempio negando l'accesso ai fondi europei ai Paesi che lo mettono a rischio);
inoltre il nuovo Parlamento europeo ha confermato la nomina, al vertice della Procura
europea, di Laura Kovesi, magistrata romena simbolo d'imparzialità negli
abusi del potere politico. Recentemente la Corte di giustizia dell'UE ha richiamato
la Polonia al rispetto dell'indipendenza del potere giudiziario e nel settembre del
2018 il Parlamento europeo ha avviato una procedura d'infrazione sullo Stato di
diritto e nel marzo del 2019 il Ppe ha sospeso il partito di Orbàn, Fidesz. La Commissione
europea ha ammonito di recente Bucarest. Concludendo, ad oggi per la
prima volta contro Polonia e Ungheria è stata attivata la procedura d'infrazione, In
sostanza, ed è scandaloso, questi tre Paesi incassano i vantaggi dell'appartenenza
alla UE senza rispettarne i principi fondanti. Dunque, cosa fare? L'Unione Europea resta comunque una garanzia del suo patrimonio costituzionale anche se qualche Stato lo minaccia temporaneamente; e la maggioranza dei cittadini europei — specialmente i giovani, che guardano al futuro
— avanza critiche ma considera ancora l'Europa la "casa comune", in cui gli Stati
nazionali possono coesistere e integrarsi. Occorre assolutamente un rilancio ideale
dell'unione, basato sulle radici storiche e culturali comuni e sul sentire comune.
Solo così potremo avere un rilancio pratico ma anche morale dell'idea di unità europea.
Ricordando che Benedetto Croce vedeva in questa unità l'unica strada per una
"religione della libertà". Per perseguire questo obiettivo occorre innanzitutto conoscere
bene il significato dell'UE; e poi parlarne, discuterne, diffonderne i principi
fondanti. In questo senso è positivo l'incremento che si registra di libri che parlano,
appunto, di questo argomento, anche se purtroppo pochi, in genere, intercettano il
grande pubblico. Qui accenneremo, appunto, a cinque di queste recenti pubblicazioni,
che ci sembrano particolarmente utili per entrare nelle problematiche europee.

Massimo Fragola — docente di Diritto dell'Unione europea nell'Università della
Calabria — nel suo L'Europa mortificata lancia un "j'accuse" accorato contro quanti
(gli Stati, i governi) assecondano l'opinione delle popolazioni circa una responsabilità
dell'Unione Europea nella crisi economica e sociale che da tempo ci preoccupa,
facendo così dell'UE il "capro espiatorio" di quella che invece è la loro incapacità.
ad affrontare e risolvere tali problemi. E questo, speculando sulla sostanziale inconsapevolezza
della maggior parte dei cittadini sul funzionamento e i motivi di alcuni
difetti delle istituzioni europee e istigandoli, di fatto, a un conformismo critico grossolano
e retrogrado. Questo, tra l'altro, perché nelle classi dirigenti delle nazioni
europee manca una visione di lungo periodo della politica, che specula sui limitati
orizzonti "domestici" ignorando o dimenticando che fenomeni come la globalizzazione,
l'internazionalizzazione dei rapporti geopolitici, il crescente sviluppo delle
tecnologie non solo non regrediranno ma condizioneranno sempre più la vita del
dell'UE. [Tra i candidati ad entrare nell'Unione ad esempio ci sono la Serbia (da mesi vi accadono
manifestazioni contro il presidente Aleksandar Vucic, accusato di esercitare metodi autoritari e di imbavagliare
l'informazione) e la Turchia di Erdogan (dove in carcere con accuse sommarie si trovano migliaia
di politici, insegnanti, magistrati, impiegati pubblici, poliziotti e militari oltre a una quantità incredibile
di giornalisti). Il fatto è che l'Europa non è fatta solo di mercati ma è, principalmente, un insieme di
valori, libertà e diritti conquistati con grandi sofferenze e non negoziabili].
nostro pianeta e che quindi, senza un respiro globale — multilaterale, multiculturale
— si rischia di restare ai margini della realtà che si profila all'orizzonte.
Il processo di integrazione europea, quindi, è irreversibile anche se riformabile
e migliorabile in molti suoi aspetti. Occorre, certo, sviluppare e valorizzare le specificità
nazionali, regionali e locali ma partecipando alla gestione della "governante"
mondiale aderendo a organizzazioni internazionali e sovranazionali che rappresentano
le relazioni internazionali a livello politico, diplomatico, economico, finanziario,
eccetera. Altrimenti arriverà sempre il contraente più forte che imporrà il proprio
punto di vista a quello più debole. Inoltre — asserisce sempre l'autore — non bisogna
dimenticare che attraverso il diritto — internazionale o europeo — gli ordinamenti
nazionali sono armonizzati in determinate materie così da ravvicinare le legislazioni
interne e, soprattutto, nel rispetto della reciprocità, accostare i cittadini di diversi
Stati. Del resto esistono settori — clima, energia, terrorismo internazionale, flussi
migratori e circolazione delle persone, eccetera — in cui è indispensabile un approccio
di respiro globale. Né si deve dimenticare che un'Europa unita dà fastidio nei rapporti
e nelle scelte di geopolitica — laddove, invece, proprio un'Europa compatta
potrà diventare interlocutrice fondamentale per l'ordine mondiale futuro. Del resto
non si deve dimenticare che — come dimostrano varie indagini di vasto respiro — il
malcontento e la diffidenza verso la UE proviene soprattutto dai soggetti più anziani
e meno istruiti che abitano zone marginali delle città e coincide con l'ostilità verso
le trasformazioni culturali del nostro tempo, cioè lo spostamento epocale dei valori
di riferimento dello sviluppo della modernità. Si vorrebbero difendere tradizioni
nazionali, familiari, sociali e culturali restando così fuori dai grandi mutamenti in
corso; nell'illusione che i fenomeni globali si possano "bypassare" solo a livello
nazionale. Al contrario i giovani — specie le generazioni "erasmus" — vogliono restare
nella dimensione dell'integrazione europea e sentirsi cittadini dell'Unione Europea.
Gli europei debbono essere resi più consapevoli di quanto accade nelle istituzioni
europee. Come ad esempio il fatto che troppo spesso il blocco delle iniziative
europee in sede di Consiglio dell'UE (in cui siedono i Capi di tutti gli Stati e i
governi europei) dipende proprio dal comportamento di questo o quel rappresentante
nazionale in quanto ciascuno ha diritto di veto; e non si può ignorare che
troppo spesso la suddetta Commissione è troppo accondiscendente alle volontà dei
Capi di stato e di governo; così come il fatto che non di rado in patria — cioè verso i
propri elettori — i suddetti rappresentanti hanno atteggiamenti divergenti rispetto a
quelli svolti nella Commissione.
Lo studioso indica alcune scelte che in futuro potranno rilanciare il processo
d'integrazione europea e un rapporto di fiducia tra cittadini e istituzioni. Tra l'altro,
andrà istituita una "procedura d'urgenza" per fronteggiare le crisi economico-finanziarie-
monetarie; più in generale, andrebbe riformata l'intera struttura dell'Unione
economica e monetaria e dell'Unione bancaria. Andrà evitata un'applicazione esasperata
dei parametri di Maastricht (specie per quanto riguarda il rapporto deficit-
PIL) che ha convertito il "patto di stabilità e di crescita" in una pericolosa precarietà
politica e sociale, diventando un patto di instabilità e decrescita economica e sociale
— sempre comunque tenendo conto che la UE non è un fondo assistenziale. E dovrà
rimettere al centro della sua agenda il progetto della lotta alla povertà e all'esclusione
sociale.

Il libro di David Parenzo è un "viaggio" dentro le istituzioni europee per prendere
atto di virtù e contraddizioni soprattutto al fine di dimostrare che le accuse
contro l'integrazione europea sono delle vere e proprie bufale e che chi le lancia è
un vero e proprio "falsario", un bugiardo che fa solo i propri interessi. Parengo
costruisce il suo viaggio attraverso spiegazioni chiare dei ruoli che svolgono le varie
strutture comunitarie, interviste esclusive e dati precisi attraverso cui smonta le
accuse infondate di "lobbisti" e di freddi "tecnocrati" nonché di "sprechi" lanciate
contro chi governa, con molta fatica, gli ingranaggi del Parlamento europeo. Accuse
che purtroppo trovano ampia ospitalità nella "rete" (che anzi le ingigantisce e le
distorce vieppiù) e facile ascolto grazie alla innocente ignoranza di larghe fasce di
cittadini assediati dalle preoccupazioni economiche del momento. Una propaganda
insomma che cavalca la rabbia dell'impoverimento dovuto a una crisi che è mondiale
cercando di far credere che sia l'Unione Europea la causa di questo stato dí cose.
Quali le ragioni per cui accade tutto questo? Parengo le indica nell'inettitudine
dei nostri partiti nello spiegare con onestà cosa l'Europa abbia fatto e faccia per
noi, e poi nell'incapacità dimostrata negli ultimi anni dai governi nazionali di intraprendere
politiche economiche e sociali in grado di dare risposte a chi ne aveva
bisogno. Sottolinea poi le responsabilità gravissime dei governi nazionali che troppo
spesso non hanno attuato le direttive europee facendo poi multare i Paesi o hanno
creato un debito pubblico talmente grande da aver mandato all'aria intere nazioni
(vedi il caso della Grecia).
In realtà, dice Parengo, dovremmo smettere di parlare di interessi nazionali e
cominciare a discutere degli affari europei come temi di politica interna e pensare
come "affari esteri" quelli che riguardano USA, Cina, Russia, India, Medio Oriente,
eccetera. Tenere presenti gli importanti vantaggi ricevuti dall'Unione come le tariffe
telefoniche agevolate, le risorse per l'agricoltura, la tutela del made in Italy, i fondi
stanziati per la riqualificazione delle periferie, oltre alla tutela del cibo che mangiamo,
alla creazione di standard comuni di diritto e una moneta forte in grado di competere
con le altre valute. Capire che — come ha scritto il fondatore del "Manifesto di Ventotene"
— «Europa significa più salvaguardia delle nostre singole identità», non
meno identità. Senza un potere politico europeo non sarebbe facile sottrarsi a quello
dell'America o della Russia o di altri.
Obiettivo? Servirebbe, scrive Parengo, arrivare a un vero federalismo per cui
il "sovranismo" dovrebbe essere europeo. E non scordare la storia del secolo scorso:
anche il nazismo, il fascismo, il comunismo sovietico fecero presa sulla scorta di
slogan e promesse false che costarono sangue e sofferenze per decenni a milioni di
persone.
Per Antonio Padoa Schioppa — professore emerito che ha insegnato Storia del
diritto medievale e moderno all'Università di Milano e si è occupato degli aspetti
costituzionali dell'Unione Europea — la UE è «una grande cattedrale incompiuta».
Una realtà complessa, multiforme, difficile da afferrare nel suo insieme, non esente
naturalmente da errori e problemi anche seri, ma che resta imprescindibile per un
futuro positivo del nostro continente.
Per entrare in questo mondo Padoa Schioppa (in Perché l'Europa) usa il metodo
del dialogo, su temi di attualità, con un giovane che ha votato alle ultime elezioni
per il Parlamento europeo. E che lo sottopone a una lunga e impietosa raffica di
domande e di riflessioni che riguardano il passato e il presente, gli errori e i dubbi,
cosa c'è in gioco sul piano dello sviluppo in positivo o in negativo di questo ambizioso
progetto, il ruolo che ha giocato ma che soprattutto è chiamato a giocare in
futuro e che riguarda soprattutto la vita delle giovani generazioni. L'Europa impone
dei "diktat" dall'alto senza alcun riguardo per i cittadini dei singoli Stati, sembra
faccia più che altro gli interessi delle banche e della grande finanza, non sa rispondere
ai grandi problemi del futuro tra cui quello dei flussi migratori, e via di questo
passo fino ai punti più difficili e complessi dell'attività comunitaria? Il professore
risponde sottolineando innanzitutto che non bisogna mai sottovalutare i traguardi
che l'UE ha raggiunto da quando è nata. Ricorda, all'occorrenza, che l'euro è la
seconda moneta mondiale, che il mercato europeo è al primo posto nel mondo, che
la qualità della vita e il modello sociale europeo sono molto alti; ricorda che il
nostro Paese versa al bilancio europeo 14 miliardi di euro l'anno e ne riceve dodici
(gran parte dei quali non riesce a spendere per eccesso di burocrazia e negligenza).
Sottolinea che in futuro (un futuro che è già cominciato) molte grandi scelte verranno
attuate da pochi ma grandi Stati (USA, Cina, India, Russia, Brasile...) e che
i nostri 500 milioni di abitanti (sui sette miliardi della Terra) possono non soccombere
solo se stanno uniti e si integrano, le dimensioni nazionali sono insufficienti
per affrontare le sfide mondiali in corso. Senza dimenticare naturalmente i vuoti
che restano da colmare per il successo della Comunità. In Europa, tra l'altro, permangono
politiche economiche differenziate, sistemi fiscali diversi e a volte in concorrenza
tra loro, manca il completamento dell'unione bancaria. Giovane e docente
sembrano approdare a una medesima convinzione: che il progetto dell'Unione Europea
deve cambiare passo ma affrontare con realismo e ottimismo i rischi attuali
d'involuzione.
Il volume di Giulio Tremonti è una dura requisitoria verso l'Unione Europea.
Che, presa di contropiede dalla globalizzazione, dalle nuove tecnologie, dalle dinamiche
internazionali della governance della finanza e dalla crisi economica, cioè da
una serie di fenomeni che stanno destabilizzando il mondo, non ha saputo dare
risposte adeguate. Non solo, ma in più Bruxelles ha riunito nelle sue mani troppi
poteri, ha raccolto una massiccia quantità di potere, una cessione quasi illimitata
di competenze sia amministrative che legislative. Oggi ha ben ventisei competenze
esclusive, cioè quasi tutto. E ogni anno produce circa dieci chilometri lineari di
nuove regole «invasive e dilaganti». Arriva fino a «dettare le regole per il benessere
degli animali». L'UE, secondo l'autore, è diventata cioè troppo elitaria, troppo totalitaria,
troppo finanziaria. Detta regole su tutto e per tutto, tesa a standardizzare
per "direttiva" e per "regolamento" tutte le realtà storicamente proprie degli Stati,
sostituendole d'ufficio con modelli sociali nuovi e universalistici artificiali, ignorando
le tradizioni, le culture, i costumi, le libertà nazionali. I popoli — sostiene Tremonti
— non si integrano con criteri di «ingegneria sociale». Questo comportamento ha
fatto crescere la sfiducia verso l'unità europea e ha dato luogo alla nascita dei cosiddetti
populismi. Dunque l'idea di un'unione europea capace di superare i limiti dei
singoli Stati va accantonata? No, risponde Tremonti. Ma bisogna, intanto, rilanciare
il principio di solidarietà (violato nella crisi della Grecia) e occorre, più in generale,
ridiscutere l'ordine europeo come è stato costituito da Maastricht (1992), bisogna
insomma cambiare la struttura stessa dell'Unione. Che dovrebbe — secondo Tremonti
— lasciare alla sovranità dei singoli Stati ciò che non è essenziale per l'Unione e
concentrarsi, invece, su quanto è fondamentale e popolare: la difesa dei confini, la
sicurezza e l'intelligence, finanziandole emettendo titoli europei (Eurobond). Senza
dimenticare che l'Europa rappresenta circa il 6% della popolazione mondiale, il
20% del PIL globale, il 40% del welfare (finanziato in deficit).
Per concludere un accenno al volume sul nuovo diritto pubblico europeo curato
da Giacinto della Cananea e Jacques Ziller: un'antologia di scritti di studiosi italiani
e francesi in onore di Jean-Bernard Auby, uno dei giuristi più coinvolti nello studio
sulle trasformazioni del diritto pubblico — nella prospettiva comparata — europeo e
mondiale. Quali i principali problemi di questa branca del diritto? Quelli relativi all'esigenza
di innestare il corpo europeo sulle amministrazioni e sui diritti amministrativi
nazionali. Il volume quindi cerca di fare il punto delle ricerche sul diritto pubblico
europeo mettendo insieme analisi dell'amministrazione europea e del suo impatto
nazionale, studio del diritto che la regola e indagine sulle ricerche che riguardano
entrambe. Secondo Giacinto della Cananea, che firma l'introduzione, nell'analisi
della costruzione amministrativa europea occorre distinguere tre momenti: quello
che prende il via dall'assunto che si tratti di un ordinamento con valori e principi
comuni o convergenti, quello del presupposto che si sia in presenza di un insieme
di ordinamenti relativi a popoli diversi e, terzo, l'idea che vi siano standard ottimali
comuni cui gli ordini nazionali si allineano. Da cui tre "fondamenti" su cui l'ordine
giuridico europeo poggia: il ruolo delle Corti costituzionali ed europee che impatta
sui diritti amministrativi nazionali, la forza trainante di principi giuridici comuni,
lo sviluppo di norme sul procedimento amministrativo da intendersi come momento
di collaborazione e partecipazione. Dunque quale filosofia europea per il futuro?
Gli europei devono sentirsi "uniti nella diversità" e i loro rappresentanti a Bruxelles
debbono attuare una continua opera di mediazione e di comprensione. L'Unione
Europea esige il consenso e la volontà di tutti gli attori e tener presente che il bene
comune è una risorsa e non una limitazione.
Alessandro Ricchi

martedì 4 febbraio 2020

Conferenza sul futuro dell'Europa 2020

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Parlamento europeo
2019-2024
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Documento di seduta
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9.1.2020
RE\1196200IT.docx
PE643.460v01-00
PROPOSTA DI RISOLUZIONE
presentata a seguito di dichiarazioni del Consiglio e della Commissione a norma dell'articolo 132, paragrafo 2, del regolamento sulla posizione del Parlamento europeo in merito alla conferenza sul futuro dell'Europa (2019/2990(RSP)) da:
Dacian Cioloş, Guy Verhofstadt, Pascal Durand
a nome del gruppo Renew
Manfred Weber, Paulo Rangel, Antonio Tajani, Danuta Maria Hübner
a nome del gruppo PPE
Iratxe García Pérez, Gabriele Bischoff, Domènec Ruiz Devesa
a nome del gruppo S&D
Ska Keller, Philippe Lamberts, Daniel Freund
a nome del gruppo Verts/ALE
Martin Schirdewan, Helmut Scholz
a nome del gruppo GUE/NGL

B9-0036/2020
Risoluzione del Parlamento europeo sulla posizione del Parlamento europeo in merito alla conferenza sul futuro dell'Europa
(2019/2990(RSP))

Il Parlamento europeo,
  • –  viste le sue risoluzioni del 16 febbraio 2017 sul miglioramento del funzionamento dell'Unione europea sfruttando le potenzialità del trattato di Lisbona1, del 16 febbraio 2017 sulle evoluzioni e gli adeguamenti possibili dell'attuale struttura istituzionale dell'Unione europea2, del 16 febbraio 2017 sulla capacità di bilancio della zona euroe del 13 febbraio 2019 sullo stato del dibattito sul futuro dell'Europa4,
  • –  vista la proposta della Presidente designata della Commissione, Ursula von der Leyen, del 16 luglio 2019 nel quadro degli orientamenti politici per la prossima Commissione europea 2019-2024 e dell'organizzazione di una conferenza sul futuro dell'Europa (in appresso, la "conferenza"),
  • –  viste le conclusioni del Consiglio europeo del 12 dicembre 2019 sull'approccio generale alla conferenza sul futuro dell'Europa,
  • –  visto il parere sotto forma di lettera della commissione per gli affari costituzionali, del 9 dicembre 2019, relativo all'organizzazione della conferenza sul futuro dell'Europa,
  • –  visto l'esito della riunione del gruppo di lavoro della Conferenza dei presidenti del 19 dicembre 2019 sull'organizzazione della conferenza sul futuro dell'Europa,
  • –  visto l'articolo 132, paragrafo 2, del suo regolamento,
  1. considerando l'incremento dell'affluenza alle urne alle elezioni europee del 2019, che dimostra il crescente coinvolgimento e interesse dei cittadini per il processo di integrazione europea, oltre all'attesa che l'Europa affronti le sfide attuali e future;
  2. considerando la necessità di raccogliere le sfide interne ed esterne che l'Europa si trova ad affrontare, come pure le nuove sfide sociali e transnazionali che non erano state del tutto previste al momento dell'adozione del trattato di Lisbona; che il numero di crisi rilevanti che l'Unione ha attraversato dimostra la necessità di processi di riforma in molteplici settori della governance;
  3. considerando che il principio dell'integrazione europea dopo la creazione della Comunità economica europea nel 1957, successivamente ribadito da tutti i capi di Stato e di governo nonché da tutti i parlamenti nazionali degli Stati membri durante ogni ciclo
GU C 252 del 18.7.2018, pag. 215.GU C 252 del 18.7.2018, pag. 201.GU C 252 del 18.7.2018, pag. 235.Testi approvati, P8_TA(2019)0098.
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PE643.460v01-00 2/7
RE\1196200IT.docx
di integrazione e modifica successive dei trattati, è sempre stato la creazione di una "unione sempre più stretta tra i popoli dell'Europa";
  1. considerando che esiste un consenso sul fatto che il mandato di una conferenza sul futuro dell'Europa dovrebbe essere un processo di durata biennale, i cui lavori dovrebbero iniziare preferibilmente il giorno della Festa dell'Europa, il 9 maggio 2020 (ricorrenza del 70o anniversario della dichiarazione Schuman), e concludersi entro l'estate del 2022;
  2. considerando che tale conferenza dovrebbe costituire un'occasione per coinvolgere strettamente i cittadini dell'UE in un processo dal basso verso l'alto, in cui la loro voce viene ascoltata e contribuisce ai dibattiti sul futuro dell'Europa;
  3. considerando che il Parlamento europeo è l'unica istituzione dell'UE direttamente eletta dai cittadini europei e che deve pertanto svolgere un ruolo guida nell'ambito della conferenza in oggetto;
Obiettivo e ambito della conferenza
  1. plaude alla proposta di conferenza sul futuro dell'Europa e ritiene che il decimo anniversario dell'entrata in vigore del trattato di Lisbona sia il momento opportuno per offrire ai cittadini europei una nuova possibilità di tenere un acceso dibattito sul futuro dell'Europa, in modo da plasmare insieme l'Unione che vogliamo;
  2. ritiene che la conferenza rappresenti un'occasione per individuare gli aspetti positivi dell'UE e le nuove misure che essa deve adottare per fare meglio, potenziare la propria capacità d'intervento e farsi più democratica; ritiene altresì che il suo scopo debba consistere nell'adottare un approccio dal basso verso l'alto per interagire direttamente con i cittadini attraverso un dialogo costruttivo ed è del parere che, sul lungo periodo, debba essere previsto un meccanismo permanente di dialogo con i cittadini sul futuro dell'Europa;
  3. è del parere che, prima di dare inizio alla conferenza, debba essere avviata una fase di ascolto che permetta ai cittadini dell'intera Unione europea di esprimere le proprie idee, formulare proposte e proporre la propria visione di ciò che l'Europa significa per loro;
  4. ritiene che la partecipazione dei cittadini alla conferenza debba essere organizzata in modo tale da garantire la piena rappresentanza della diversità delle nostre società; è del parere che le consultazioni debbano essere organizzate avvalendosi delle piattaforme più efficienti, innovative e appropriate, tra cui strumenti online, e che debbano raggiungere tutte le parti dell'UE, onde garantire che ogni cittadino possa esprimersi durante i lavori della conferenza; ritiene che garantire la partecipazione dei giovani sarà un elemento essenziale degli effetti di lunga durata della conferenza;
  5. sottolinea che la conferenza deve essere un processo aperto e trasparente, basato su un approccio inclusivo, partecipativo e ben equilibrato per i cittadini e i soggetti interessati; insiste sulla necessità che il coinvolgimento dei cittadini, della società civile organizzata e di una serie di portatori di interessi a livello europeo, nazionale, regionale e locale costituisca l'elemento chiave di questo processo innovativo e originale;
  6. propone che la conferenza sia un processo guidato da una serie di organismi con responsabilità definite/ad hoc, tra cui gli organi istituzionali, oltre al coinvolgimento diretto dei cittadini;
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  1. propone che il plenum della conferenza costituisca un forum aperto di discussione per i diversi partecipanti senza un risultato prestabilito, pur includendo l'apporto delle agorà dei cittadini, e senza limitarne l'ambito a settori d'intervento o a metodi di integrazione predefiniti; suggerisce la possibilità di individuare, tuttalpiù, alcune priorità d'intervento predefinite ma non esaustive, quali ad esempio:
    •   i valori europei, i diritti e le libertà fondamentali,
    •   gli aspetti democratici e istituzionali dell'UE,
    •   le sfide ambientali e la crisi climatica,
    •   la giustizia sociale e l'uguaglianza,
    •   le questioni economiche e occupazionali, tra cui la fiscalità,
    •   la trasformazione digitale,
    •   la sicurezza e il ruolo dell'UE sulla scena mondiale;
      sottolinea che si tratta di un insieme non esaustivo di politiche che potrebbero guidare i lavori della conferenza; propone di utilizzare speciali indagini Eurobarometro a sostegno della definizione del programma e dei dibattiti nell'ambito della conferenza;
  2. ritiene che la conferenza debba fare tesoro delle iniziative intraprese in vista delle elezioni del 2019; ritiene che, per preparare con largo anticipo le prossime elezioni europee del 2024, nel corso della conferenza si debbano prendere in considerazione i lavori su tematiche quali il sistema dei candidati capifila e le liste transnazionali, tenendo conto delle scadenze esistenti e avvalendosi di tutti gli strumenti interistituzionali, politici e legislativi a disposizione;
Organizzazione, composizione e governance della conferenza
  1. propone che la conferenza sia composta da una serie di organi con diverse responsabilità, tra cui: un plenum della conferenza, agorà dei cittadini, agorà dei giovani, un comitato direttivo e un consiglio esecutivo di coordinamento; chiede che sia garantito un equilibrio di genere nella composizione di tutti gli organi a tutti i livelli della conferenza;
  2. propone che nel corso dell'intera conferenza si tengano diverse agorà tematiche dei cittadini, che rispecchino le priorità di intervento e che siano composte al massimo da 200- 300 cittadini con un minimo di tre per Stato membro, calcolandone la composizione secondo il principio della proporzionalità degressiva; insiste sulla necessità che tali agorà si tengano in diverse località dell'Unione e che siano rappresentative (in termini geografici, di genere, di età, di contesto socioeconomico e/o grado di istruzione);
  3. propone inoltre che la selezione dei cittadini partecipanti, sulla totalità dei cittadini dell'UE, sia effettuata da istituzioni indipendenti negli Stati membri, conformemente ai criteri summenzionati, e che siano definiti criteri per garantire che i politici eletti, i rappresentanti governativi di alto rango e i rappresentanti di interessi professionali non possano partecipare alle agorà dei cittadini; chiede che le agorà dei cittadini siano composte da partecipanti diversi nelle diverse località, ma che ogni singola agorà tematica dei cittadini sia composta dagli stessi partecipanti a ciascuna delle sue riunioni, onde garantire la massima coerenza; insiste su un minimo di due riunioni per ciascuna agorà tematica dei cittadini, affinché possa dare un contributo al plenum della Conferenza e ottenere un riscontro generale sulle deliberazioni nell'ambito di un'altra riunione sotto forma di
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dialogo; sottolinea che le agorà dei cittadini devono cercare di trovare un accordo per consenso e, ove ciò non sia possibile, può essere espresso un parere di minoranza;
  1. propone che, oltre all'agorà dei cittadini, si tengano almeno due agorà dei giovani: una all'inizio della conferenza e una verso la fine della stessa, e ciò perché i giovani si meritano un proprio forum, visto che le giovani generazioni sono il futuro dell'Europa e saranno quelle su cui incideranno maggiormente le decisioni adottate oggi sulla futura direzione dell'UE; chiede che l'età dei partecipanti sia compresa tra 16 e 25 anni e che la selezione, le dimensioni, lo status e le modalità di lavoro siano basati sugli stessi criteri utilizzati per l'agorà dei cittadini;
  2. chiede l'adozione di idonee disposizioni per garantire che tutti i cittadini (compresi i giovani) che partecipano alla conferenza siano assistiti in termini di rimborso delle spese di viaggio e di alloggio e, se del caso, abbiano diritto a un'aspettativa dal lavoro;
  3. chiede che il plenum della conferenza sia così composto:
    •   il Parlamento europeo in rappresentanza dei cittadini dell'Unione, con un massimo di 135 membri;
    •   il Consiglio in rappresentanza degli Stati membri, con 27 membri,
    •   i parlamenti degli Stati membri, con due-quattro deputati per parlamento
      nazionale;
    •   la Commissione, rappresentata dai tre relativi commissari;
    •   il Comitato economico e sociale europeo e il Comitato delle regioni, con quattro
      membri ciascuno;
    •   le parti sociali a livello di UE, con due membri ciascuna;
  4. sottolinea che, per garantire un riscontro, i rappresentanti delle agorà tematiche dei cittadini e dei giovani saranno invitati alla plenaria della conferenza per illustrare e discutere le loro conclusioni;
  5. insiste sulla necessità che la rappresentanza del Consiglio sia a livello ministeriale e che i rappresentanti del Parlamento europeo e dei parlamenti nazionali garantiscano una rappresentanza politica equilibrata, che tenga conto della loro rispettiva diversità; sottolinea che le parti istituzionali della conferenza parteciperanno in qualità di partner paritari e che sarà garantita una rigorosa parità tra il Parlamento europeo, da un lato, e il Consiglio e i parlamenti nazionali, dall'altro; insiste sulla necessità di trovare un consenso sulle raccomandazioni del plenum della conferenza o, quanto meno, sul fatto che le raccomandazioni rispecchino la posizione della maggioranza dei rappresentanti di ciascuna delle tre istituzioni dell'UE e dei parlamenti nazionali;
  6. propone che la conferenza si riunisca in sessione plenaria almeno due volte a semestre presso il Parlamento europeo; propone che, in occasione della sua prima riunione, la conferenza adotti un programma di lavoro e che, dopo ciascuna riunione plenaria della conferenza, una relazione sulla plenaria contenente le conclusioni e le relazioni dei gruppi di lavoro sia messa a disposizione dei partecipanti alla conferenza e del grande pubblico; è del parere che le conclusioni definitive debbano essere adottate nell'ultima riunione del plenum della conferenza, in modo da riepilogare i risultati della conferenza in generale;
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  1. sottolinea la necessità di fornire assistenza mediante sessioni preparatorie e a cura di organizzazioni della società civile affermate e competenti, nonché di altri esperti; riconosce l'importanza delle competenze delle ONG, delle università, dei centri di ricerca e dei gruppi di riflessione di tutta Europa e li invita a sostenere la conferenza ai vari livelli e a prestare assistenza ai diversi organi;
  2. ritiene che la conferenza debba individuare modi per coinvolgere i rappresentanti dei paesi candidati all'adesione all'UE nelle discussioni sul futuro dell'Europa;
  3. è del parere che un patrocinio di alto livello debba essere assicurato dalle tre principali istituzioni dell'UE ai massimi livelli, vale a dire dai Presidenti del Parlamento europeo, del Consiglio europeo e della Commissione; ritiene che tale patrocinio di alto livello debba garantire il processo e assicurare l'avvio e la supervisione della conferenza;
  4. è del parere che, per garantire un orientamento efficiente del processo nel suo insieme e per tutti gli organismi interessati, la governance della conferenza debba essere assicurata da un comitato direttivo e da un consiglio esecutivo di coordinamento;
  5. propone che il comitato direttivo sia così costituito:
    •   rappresentanti del Parlamento (tutti i gruppi politici rappresentati, come pure un rappresentante della commissione per gli affari costituzionali e un rappresentante dell'Ufficio di presidenza del Parlamento europeo);
    •   rappresentanti del Consiglio (Presidenze dell'UE);
    •   rappresentanti della Commissione (tre commissari competenti);
      chiede che la composizione del comitato direttivo assicuri l'equilibrio politico e istituzionale e che tutte le componenti del comitato direttivo abbiano lo stesso peso;
  6. è del parere che il comitato direttivo debba occuparsi della preparazione delle riunioni del plenum della conferenza (redazione degli ordini del giorno, delle relazioni e conclusioni del plenum), nonché delle agorà dei cittadini e dei giovani e provvedere alla supervisione delle attività e dell'organizzazione della Conferenza;
  7. propone inoltre che il consiglio esecutivo di coordinamento sia composto dalle tre principali istituzioni dell'UE sotto la guida del Parlamento; insiste affinché i membri del consiglio esecutivo di coordinamento facciano parte del comitato direttivo; raccomanda che il consiglio si occupi della gestione quotidiana della conferenza, in particolare dell'organizzazione pratica della stessa, dei gruppi di lavoro, delle agorà dei cittadini e di qualsiasi altra iniziativa stabilita dal comitato direttivo;
  8. propone che la conferenza sia coadiuvata da una segreteria i cui membri dovrebbero essere scelti tra le tre principali istituzioni dell'UE;
Comunicazioni nell'ambito della conferenza e memorandum politico
26. è del parere che la comunicazione con i cittadini, la loro partecipazione alla conferenza e i lavori e i risultati della conferenza stessa rivestano un'importanza fondamentale; sottolinea che tutti gli attuali e i nuovi strumenti di comunicazione per la partecipazione fisica e digitale dovrebbero essere coordinati tra le tre istituzioni, a partire dalle risorse
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esistenti del Parlamento europeo e dei suoi Uffici di collegamento (UCPE), in modo che i cittadini possano ricevere aggiornamenti sulla conferenza per l'intera durata della stessa e seguire i lavori delle sessioni plenarie come pure delle agorà dei cittadini e dei giovani;
  1. è del parere che tutte le riunioni della conferenza (tra cui le riunioni plenarie e le agorà dei cittadini e dei giovani) debbano essere trasmesse in streaming e aperte al pubblico; insiste sulla necessità di pubblicare tutti i documenti relativi alla conferenza, tra cui i contributi dei soggetti interessati, e di garantire che tutti i lavori si svolgano nelle lingue ufficiali dell'Unione;
  2. è del parere che la Conferenza, il suo concetto, la sua struttura, la sua tempistica e il suo ambito debbano essere stabiliti di comune accordo dal Parlamento, dalla Commissione e dal Consiglio in un memorandum d'intesa;
Risultati
  1. invita la conferenza a formulare raccomandazioni concrete che dovranno essere discusse dalle istituzioni e tradotte in azioni pratiche al fine di rispondere alle aspettative dei cittadini e degli interessati dopo un processo e dibattiti biennali;
  2. chiede che tutti i partecipanti alla conferenza si impegnino a garantire un seguito adeguato dei risultati, ciascuno secondo le rispettive funzioni e competenze;
  3. si impegna a dare senza indugio un seguito effettivo alla conferenza, con proposte legislative, dando inizio a eventuali modifiche del trattato o con altre modalità; invita le altre due istituzioni ad assumersi lo stesso impegno;
    ° °°
  4. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Presidente della Commissione, al Presidente del Consiglio europeo e alla presidenza di torno del Consiglio.
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