venerdì 5 luglio 2019

Brevissime note giuridiche sulla questione Sea Watch 3

Brevissime note giuridiche sulla questione Sea Watch 3
Massimo Fragola
Queste brevi riflessioni hanno il solo obiettivo di indicare le fonti normative applicabili al caso. Senza presunzione di completezza. 
La questione (giuridica e umanitaria) alla base della ultima lite tra il governo italiano (Ministro dell’Interno) e la nave ONG Sea Watch è indubbiamente complessa, attesa la pluralità delle fonti coinvolte (internazionali, europee e nazionali) e del loro rango. L’atto governativo italiano, infatti, deve essere letto alla luce di norme superiori (per rango e provenienza) quali la Costituzione della Repubblica italiana e il diritto internazionale. Tralascio in questa occasione il diritto dell’Unione europea che pure meriterebbe di entrare nella disputa. Possiamo ridurre la controversia sostanzialmente a due interrogativi: 1) il decreto del governo – cosiddetto decreto sicurezza2 (anche decreto “Salvini”) – è un’atto giuridicamente legittimo e conforme al diritto internazionale nello stabilire misure nazionali restrittive nei confronti di navi battenti bandiera estera che intendono entrare nel mare territoriale italiano e che richiedono di attraccare nei porti per motivi manifestamente umanitari? Con conseguenze di indubbia gravità per la sicurezza delle persone a bordo e dei loro diritti fondamentali? 2) Il decreto deve essere considerato sic et simplicitercome “la” norma che disciplina la fattispecie, ovvero deve essere letto in ordine alla legalità/conformità con il diritto internazionale generale (art. 10, commi 1 e 3 Cost.) e pattizio (art. 11 seconda frase)? Inoltre, ad abundantiam, in violazione delle più basilari norme sui diritti fondamentali e sulle libertà degli individui? E tralasciando volutamente, come già accennato, il diritto dell’Unione europea. Si tratta quindi di conoscere – e lascio a ciascuno la libertà di trarre personalmente le conclusioni – se il decreto è conforme a) alla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (CNUDM) firmata da 155 Stati il 10 dicembre 1982 a Montego Bay (Giamaica) e ratificata dell’Italia con la legge 2 dicembre 1994, n. 689 che stabilisce un principio generalee cioè il cosiddetto “passaggio inoffensivo”assicurato alle navi di tutti gli Stati qualora non si arrechi un pregiudizio alla pace, al buon ordine e la sicurezza dello Stato costiero (art. 19 CNUDM); Viceversa,il passaggio di una nave straniera è considerato “offensivo” vale a dire pregiudizievole per la pace, il buon ordine e la sicurezza dello Stato costiero qualora, nel mare territoriale, la nave è impegnata in una qualsiasi attività che: a) minaccia o impiego della forza contro la sovranità, l'integrità territoriale o l'indipendenza politica dello Stato costiero, o contro qualsiasi altro principio del diritto internazionale enunciato nella Carta delle Nazioni Unite;
(…)
g) il carico o lo scarico di materiali, valuta o persone in violazione delle leggi e dei regolamenti doganali, fiscali, sanitari o di immigrazione vigenti nello Stato costiero (…)

Nell’ambito del diritto marittimo si consideri come ulteriore fonte l’International Convention for the Safety of Life at Sea (SOLAS) per la salvaguardia della vita umana in mare firmata nell’ambito dell’IMO (Organizzazione Marittima internazionale) istituita a seguito dell’adozione della Convenzione internazionale marittima di Ginevra del 1948, volta a promuovere la cooperazione marittima tra gli Stati membri e a garantire la sicurezza della navigazione e la protezione dell’ambiente marino. Ad essa aderiscono attualmente 172 Paesi membri ed è stata ratificata dall’Italia con la legge 23 maggio 1980 n. 313.Nella SOLAS emerge il dovere insopprimibile di salvare qualsiasipersona in difficoltà in mare, come regola generale, laddove l’obbligo di salvataggio si applica sia agli Stati membri sia ai comandanti delle navi.  In ogni caso le persone “salvate” devono approdare necessariamente in un Paese sicuro (c.d. “porto sicuro”). Pertanto, posto che il principio generale è il principio che stabilisce che non si possa ostacolare il “passaggio inoffensivo” occorre considerare anche la previsione normativa SOLAS.  È tuttavia possibile che il governo di uno Stato aderente possa limitare l’attracco di una nave straniera in un porto nazionale ma, secondo il diritto internazionale testé citato, la misura deve essere (art. 25 CNUDM): a) temporanea; b) deve riguardare solo zone specifiche del territorio; c) deve essere essenziale per la protezione della sicurezza dello Stato; d) non deve essere discriminatoria de iurede facto; e) deve essere applicabile a tutte le navi straniere.  Quindi sospensioni temporanee per tutto il territorio nazionale e non solo per specifiche parti o porti in particolare non sarebbero in linea con il diritto internazionale; altrimenti si verificherebbe ai sensi dell’articolo 25 paragrafo tre della convenzione SOLAS un’abuso del diritto (art. 300 CNUDM) che peraltro è vietato anche da altre fonti internazionali  e nazionali.