martedì 11 febbraio 2014

La Corte Costituzionale tedesca e i cittadini dell'Unione europea


La Corte Costituzionale tedesca (Bundesverfassungsgericht), ha deciso di rinviare alla Corte di giustizia dell'Unione europea (in prosieguo anche Corte UE) un ricorso contro il programma della BCE di acquisti illimitati di bond noto come OMT (Outright Monetary Transactions). E' un fatto importante che va segnalato.  Infatti, la suprema Corte tedesca si rivolge, per la prima volta in cinquant’anni, alla Corte UE di Lussemburgo, attivando così la procedura pregiudiziale contenuta nell'art. 267 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE). La decisione resa nota il 7 febbraio 2014, si inserisce nel più ampio dibattito pendente dinanzi alla Corte costituzionale tedesca riguardo la costituzionalità della partecipazione tedesca allo European Stability Mechanism (ESM),  il fondo europeo di salvataggio finanziario. Su questa questione il Bundesverfassungsgericht emetterà una sentenza il 18 marzo dopo che la Corte UE si sarà pronunciata. I due temi sono collegati in quanto, per poter ricevere gli aiuti dal programma OMT, uno Stato deve necessariamente sottoscrivere un programma di finanziamento dai fondi europei di salvataggio (ESM), rispettandone la condizionalità. Secondo molti cittadini tedeschi il programma OMT violerebbe l'articolo 123 TFUE e per questo motivo la Corte costituzionale tedesca ha rinvito la questione alla Corte UE attendendo il suo responso. E' importante ricordare che l'art. 267 TFUE disciplina efficacemente la cooperazione tra i giudici nazionali degli Stati membri (quali che siano) e la Corte di giustizia UE; costituendo, così, in materia di diritto dell'Unione europea, un mega-ordinamento giudiziario europeo coordinato ed integrato. Siffatta procedura trasforma il ruolo dei giudici nazionali in giudici europei "decentrati", ovvero giudici "naturali" del diritto UE. L'aver rinviato, per la prima volta, gli atti della causa alla Corte di giustizia è un fatto importante, laddove si consideri che le Corti costituzionali (non tutte per la verità) non sempre e con favore hanno attivato la procedura di cooperazione, non ritenendo di esserne né obbligate né coinvolte funzionalmente. Anche la Corte costituzionale italiana è stata riluttante a rinviare gli atti alla Corte UE fino al leading case della nota ordinanza n. 103/2008 a cui ha fatto seguito la più recente e significativa ordinanza di rinvio n. 207/2013 che attende la pronuncia della Corte di giustizia. In sostanza, dopo un lungo periodo di silenzio, le Corti costituzionali (sopra citate) hanno compreso che la procedura del rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE non rappresenta una diminutio  delle loro funzioni costituzionali, bensì un arricchimento delle loro prerogative e una "valvola di sfogo" significativa in una materia, tanto complessa come il diritto UE, non sempre di facile assimilazione (accettazione?) anche ai giudici costituzionali. Sicché, messe da parte le presunzioni di "onnipotenza" e vetusti retaggi nazionalistici (leggi sovranità) anche i giudici di Karlshrue che, lo ricordo, rappresentano un punto di riferimento certo del diritto in Europa, hanno ben compreso che cooperare non vuol dire sottomettersi a nessuno e men che meno alla Corte di giustizia UE. Il segnale va letto anche in altra prospettiva. Ci si rende conto che (dal 1951) siamo parte di un ordinamento sovranazionale costituito per disciplinare insieme talune materie che gli stessi Stati hanno trasferito, volontariamente, dalla loro competenza esclusiva (sovranità) alle istituzioni dell'Unione europea? E che tra queste istituzioni l'unica che ci rappresenta è il Parlamento europeo? Le Corti costituzionali lo hanno compreso (anche in ritardo…); e i cittadini?

mercoledì 5 febbraio 2014

Sulle prossime elezioni del Parlamento europeo


Le elezioni del Parlamento europeo (PE) del maggio prossimo, sono le più importanti (e complicate) degli ultimi 50 anni. Per vari motivi. Cercherò di spiegarne i più salienti (almeno dal mio punto di vista). Ricordando, preliminarmente, che i circa 530 milioni di cittadini UE hanno solo lo strumento del voto europeo, ogni 5 anni, per poter partecipare (ed influenzare) in via mediata al processo di formazione degli atti legislativi dell'Unione europea.  "Leggi europee" che non riguardano esclusivamente gli Stati membri (sarebbe un diritto internazionale) bensì, la maggior parte di esse,  incide immediatamente sulla vita e sui comportamenti di noi cittadini (diritto sovranazionale). Ovviamente nelle materie nelle quali l'UE può legiferare; vale a dire, in quei settori che gli Stati membri hanno devoluto alla competenza dell'Unione. Ricordo, infatti, che l'UE non può legiferare in qualsiasi settore della nostra vita dovendosi attenere alle cc.dd. "competenze di attribuzione", cioè, laddove c'è stata cessione di sovranità, volontaria ed irrevocabile (almeno in linea di principio). Non è questo lo scopo di queste riflessioni spiegare perché gli Stati hanno ceduto la loro sovranità in talune materie giacché il discorso ci porterebbe molto addietro negli anni; addirittura nel momento iniziale dell'integrazione europea con la nascita della prima Comunità del carbone e dell'acciaio (CECA) del 1951. Dal che, vale la pena solo richiamare l'attenzione sul fatto che la citata "cessione di sovranità" non è "assoluta", nel senso che gli Stati si sono spogliati completamente della gestione di siffatte materie; bensì trattasi di una gestione "condivisa" delle stesse da attuare dalle istituzioni UE a tal uopo previste, in particolare, mi riferisco, al Parlamento europeo, al Consiglio dell'Unione europea (anche detto Consiglio UE o, se si vuole, "dei ministri") ed al Consiglio europeo, alla Commissione europea. Ciascuna istituzione ha degli obbiettivi ben precisi e rappresenta una determinata categoria di soggetti. Il PE rappresenta noi cittadini, il Consiglio europeo i Capi di Stato o di governo; il Consiglio UE i rappresentanti dei governi nazionali; la Commissione gli interessi europei, gli interessi comuni. Per far sì che il sistema istituzionale funzioni a regola, e a garanzia degli interessi in gioco, è necessario che ognuno faccia la sua parte e ciascuna istituzione rispetti il mandato che loro assegna il Trattato. In primis il Parlamento europeo. Per di più, dopo la riforma del Trattato di Lisbona del 2010, con i nuovi Trattati sull'Unione europea (TUE) e sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), il Parlamento europeo diventa legislatore a pieno titolo insieme al Consiglio UE nelle materie nelle quali è prevista la procedura legislativa ordinaria (art. 294 TFUE), oggi applicabile alla gran parte delle materie di competenza UE. E' necessario, pertanto, un Parlamento qualificato che si ponga in contrapposizione con gli interessi governativi, pena l'irrilevanza del ruolo del PE e, di conseguenza, il rispetto della democrazia rappresentativa che informa l'intero funzionamento del sistema UE (art. 10, parag. 1 TUE). E' l'unico modo per far sentire, ancorché in via mediata, la nostra voce ("I cittadini sono direttamente rappresentati, a livello dell'Unione, nel Parlamento europeo", art. 10, parag. 2 TUE). Tutto ciò si realizza, come detto, oltre al ruolo istituzionale di co-legislatore approvando, modificando o respingendo le proposte legislative presentate dalla Commissione, con la ulteriore funzione di controllo sull'operato della stessa Commissione (controllo politico grazie alla concessione o revoca della fiducia all'esecutivo UE), nonché in ordine all'adozione del bilancio dell'Unione europea (aspetto questo delicatissimo come si può immaginare). Un'ulteriore novità della recente riforma di Lisbona consiste nel  dovere del PE di collaborare con i parlamenti nazionali degli Stati membri, al fine assicurare di una maggiore partecipazione dei parlamenti nazionali alle attività dell'Unione europea e di potenziarne la capacità di esprimere i loro pareri su progetti di atti legislativi dell'Unione europea e su altri problemi che rivestano per loro un particolare interesse (Protocollo n. 1 allegato ai Trattati). In ultimo, per concludere, sarà il prossimo Parlamento eletto ("tenuto conto delle elezioni del Parlamento europeo", art. 17, parag. 7 TUE) che avrà la competenza ad eleggere, per la prima volta, il candidato proposto dal Consiglio europeo alla carica di presidente della Commissione europea. Con possibilità di bocciare la candidatura presentata ed esprimere un diritto di veto sulla persona. Quindi un ruolo fondamentale del PE, come espressione dei popoli europei, nell'indicazione del Presidente della Commissione per i prossimi 5 anni. Occorre meditare su tutto ciò.