venerdì 20 giugno 2014

L'Unione europea dopo le votazioni dei cittadini UE


Terminata la campagna elettorale "europea", com'è noto dominata da slogan del tipo "te la do io l'Europa", vediamo ora gli effetti del voto che in questa occasione appaiono a dir poco diversificati. Ricordando, tuttavia, che nel dibattito generale della campagna elettorale di Unione europea si è parlato poco o niente trasferendo, come sempre, la competizione su questioni puramente interne. E mi riferisco non solo ai partiti "no euro o no europa" bensì alla maggior parte delle compagini politiche. E' un atteggiamento deprecabile che evidenzia la gestione "domestica" degli affari con una visione provinciale della politica italiana. A seguito di queste elezioni, tuttavia, il risultato delle urne "europee" del 2014 rappresenta un fatto nuovo, più democratico, che va al di la della scelta dei 751 europarlamentari; per la prima volta della storia comunitaria, infatti, i cittadini europei hanno espresso un voto che non soltanto gura una loro rappresentanza (o maggioranza) in seno al Parlamento europeo (PE) (che li rappresenta nella "triade" legislativa del sistema istituzionale UE), ma anche, e (forse) soprattutto, indirettamente, va ad  incidere sulla successiva nomina del Presidente della Commissione europea. Organo che, lo ricordo, rappresenta l'interesse europeo comune. Di conseguenza, i cittadini UE hanno avuto la possibilità di incidere su due istituzioni fondamentali della "triade" legislativa, considerando che il Consiglio UE (meglio noto come "dei ministri") riunisce i ministri dei governi nazionali per materia trattata (ecofin, affari generali, agricoltura, ambiente, commercio ecc.). Al di fuori del "triangolo legislativo" il Consiglio europeo, organo sostanzialmente politico, che riunisce de facto i Capi di Stato e di governo dei 28 Stati membri che nella procedura di nomina del Presidente della Commissione gode di un ruolo importante. . Pertanto, i cittadini UE sono considerati come parte integrante del sistema; e questa è una conquista democratica raggiunta negli anni a seguito di estenuanti trattative e grazie, soprattutto, alla giurisprudenza della Corte di giustizia UE. Ma nessuno lo sa. Ripeto: nessuno ne è a conoscenza. Così che, allo slogan "te la do io l'Europa" si dovrebbe considerare la determinazione collettiva di chi ha votato ed espresso una preferenza: questa è ordinaria democrazia ("l'Europa che vogliono i cittadini"). Per di più in un sistema complesso come è l'UE che racchiude Stati (e che Stati!), istituzioni e cittadini. La questione è, allora, da un lato, il rispetto della volontà politica dei cittadini con tutte le conseguenze che ne derivano e, dall'altro, il rispetto delle norme giuridiche, in particolare delle norme costituzionali europee (i Trattati). E' prevedibile un conflitto tra istituzioni UE: in particolare tra PE e Consiglio europeo, giacchè quest'ultimo non sembra accettare di buon grado la nuova previsione dei Trattati prevista dalla riforma di Lisbona nel 2007. La base giuridica della questione è l'art. 17, parag. 7 TUE che stabilisce che il Consiglio europeo nella nomina del Presidente della Commissione europea, dopo consultazioni appropriate, deve "tener conto" dei risultati delle elezioni del PE. In passato, la designazione era appannaggio esclusivo del Consiglio europeo con una successiva "ratifica" da parte del PE (una sorta di assenso democratico). Dopo Lisbona, nell'ottica di un sistema più democratico e vicino ai cittadini, la procedura di nomina si sbilancia verso il PE e, le conseguenti decisioni dei Capi di Stato e di governo, appaiono come un momento di fusione del profilo democratico ed il profilo intergovernativo. Ciò perchè il PE e la Commissione europea sono collegati da un rapporto di fiducia (voto di approvazione) che in qualsiasi momento si può rompere (mozione di censura) con la conseguenza delle dimissioni dei membri della Commissione (giacchè organo collegiale). Il Consiglio europeo non può tralasciare questa relazione istituzionale fondamentale e democratica per gli equilibri istituzionali complessivi. Comprendo che sono in gioco anche altre decisioni importanti da prendere entro l'anno (presidente del Consiglio europeo, Alto Rappresentante per la politica estera, eurogruppo ecc.) ma la relazione PE-Commissione è l'essenza stessa della democrazia nel sistema istituzionale dell'Unione europea. Aspetto, questo, che viene richiamato enfaticamente nel Preambolo del Trattato sull'Unione europea lì dove si invitano gli Stati membri a "rafforzare ulteriormente il funzionamento democratico ed efficiente delle istituzioni in modo da consentire loro di adempiere in modo più efficace, in un contesto istituzionale unico, i compiti loro affidati".

domenica 1 giugno 2014

Risposta a D.M. che scrive su Il Sole 24 Ore una lettera su "Il reale peso dell'Europarlamento"


Leggo la lettera pubblicata oggi 29 maggio 2014 (sul numero 145 a pag. 22) dal titolo "Il reale peso dell'Europarlamento" a firma D.M., che mi da l'opportunità di spiegare meglio e di chiarire a beneficio della collettività. Da studioso della materia senza alcun motivo di polemica. Anzi, lo ringrazio per la sollecitazione. Non dobbiamo dimenticare che l'Unione europea non è uno Stato (ancorché taluni la ritengano un "Super-Stato" o qualcosa del genere) e, quindi, dal punto di vista strettamente giuridico non è possibile fare riferimenti statali. Non sono corretti né adeguati. L'accostamento è improponibile. Il sistema istituzionale UE è un sistema complesso (28 ordinamenti giuridici da cooordinare), diverso, dalle due anime: una propriamente "comunitaria", direi istituzionale, l'altra intergovernativa. Il potere legislativo è appannaggio di tre istituzioni comunitarie: la Commissione europea che gode di un diritto molto esteso di iniziativa legislativa e dà l'avvio all'iter legislativo nell'interesse comune; ed è l'organo sostanzialmente esecutivo e di controllo UE; poi abbiamo il Parlamento europeo (PE) (organo che rappresenta i Popoli europei) ed il Consiglio dell'Unione (che rappresenta i governi degli Stati membri; da non confondere con il Consiglio europeo che è un organo politico che riunisce i Capi di Stato e di governo dei 28 Stati). Dalla dialettica istituzionale di PE e Consiglio, e dai differenti obiettivi delle istituzioni, scaturisce la legislazione UE che generalmente conosciamo come il diritto dell'Unione europea. Quelle "leggi" europee che, in modo diretto ovvero in modo mediato, stabiliscono diritti e doveri non solo per lo Stato ma anche per le persone (fisiche e giuridiche). Il Parlamento europeo, oggi, a seguito dell'ultima riforma del Trattato di Lisbona entrata in vigore il 2010, gode di un potere legislativo riconducibile a quello del Consiglio UE, e quindi, laddove non riscontri un interesse generale e soprattutto dei cittadini che rappresenta, può bloccare l'iter legislativo fino al punto di porre il veto nei confronti del Consiglio. E' una importante conquista raggiunta negli anni. Ricordo, infatti, che con la novellata procedura legislativa ordinaria, che è la procedura più importante ed utilizzata per l'esercizio delle politiche comuni, il PE (oltre alle altre prerogative altrettanto importanti che non sto in questa sede ad esporre) rappresenta l'unica "voce" dei cittadini europei. Ecco perché è importante essere ben rappresentati all'interno del sistema legislativo UE. Quanto al costo degli Europarlamentari, com'è comprensibile, si tratta di scelte politiche. Ricordo soltanto, per maggiore chiarezza, che il bilancio UE a differenza di altre organizzazioni internazionali, si fonda su risorse proprie (art. 311 TFUE): si tratta di entrate prelevate nel quadro delle politiche comunitarie e non già provenienti dagli Stati membri e calcolate come contributi nazionali. Le risorse proprie sono costituite da dazi doganali, diritti agricoli, contributi zucchero, aliquota prelevata sulla base imponibile armonizzata dell'imposta sul valore aggiunto (IVA) e aliquota prelevata sul reddito nazionale lordo (RNL).