lunedì 17 marzo 2014

Lacci e lacciuoli europei

Qualche giorno fa Alessandro Leipold su Il Sole 24 Ore analizzava le cause della nostra crisi. Una vecchia storia. Negli ultimi 30 anni (circa) l'Italia è stata sempre in crisi: più o meno grave. Molto attentamente, Leipold rilevava che già nel 1970 Giudo Carli parlava di "lacci e lacciuoli" che ingabbiavano come una morsa la nostra economia. La frase "lacci e lacciuoli" non era però di Carli bensì fu coniata qualche anno addietro da Luigi Enaudi; entrambi però si riferivano ai numerosi vincoli che soffocavono la nostra economia e ne riducevano il potenziale. Vincoli ed ostacoli del tutto domestici che, come ha affermato Leipold, sono "zavorre accuratamente made in Italy". Ad esempio il costo della pubblica amministrazione e l'inefficienza della stessa; l'intreccio di caste corporative; la regolamentazione bizantina del mercato del lavoro; il fardello del debito pubblico. Per fare solo alcuni esempi. Ma noi guardiamo sempre altrove, mai in noi stessi. Mai un'autocritica dalla quale partire per rinnovare. Veramente e concretamente. Le cause della crisi (ennesima!) sono sempre al di fuori dei nostri confini. I vincoli europei…i compiti a casa. L'Unione europea è il capro espiatorio, da "demonizzare", da condannare tout court senza appello. Soprattutto senza sapere. Questo atteggiamento, molto in voga negli ultimi anni, è stato alimentato non soltanto dagli euroscettici (che per carità hanno tutto il diritto di farlo), ma anche da persone (mi riferisco in particular modo a politici) che euroscettiche non sono. Quante volte abbiamo sentito la frase: "ce lo impone l'UE" oppure "è un obbligo comunitario" talvolta impropriamente affermato. Certo l'UE costituisce una grande valvola di sfogo soprattutto per i governi nazionali; quail che siano. E specialmente i nostri governi degli ultimi anni. E' chiaro che l'ordinamento giuridico UE determina delle regole che si applicano nel territorio UE, precisamente, 28 Stati e più di 500 milioni di persone. Regole che devono essere rispettate da tutti pena una disparità di trattamento e la violazione del principio costituzionale di non discriminazione. A ciò vigila sul piano politico la Commissione sul piano giurisdizionale la Corte di giustizia. Se ciò non avviene si verifica la "rottura del patto" e la violazione della leale collaborazione, altro principio costituzionale. Ciò detto, è altresì chiaro che la governance dell'UE può e deve essere migliorata; soprattutto la gestione della moneta comune (che lo ricordo gode nei Trattati, ed al di fuori di questi, di una disciplina particolare), che gli addetti ai lavori ben criticano già dalla sua nascita nel 1992 Trattato di Maastricht. L'ordinamento UE non è perfetto ed è quindi perfettibile. Lo comprendo una legislazione sconosciuta che promana da un sistema sconosciuto non comprensibile. Ma accettabile e influenzabile nelle sedi opportune; prima che le "leggi europee" siano adottate. Il parlamento europeo è l'unica istituzione chef a i nostri interessi, al di là dei governi e degli Stati. E la prossima votazione europea è l'occasione buona per invire parlamentri seri e preparati. Al di la del colore politico di ciascuno. Stare insieme agli altri cittadini europei, agli altri Stati membri, nell'esercizio delle competenze condivise è una necessità ineludibile. Quindi, anche un'occasione per darci definitivamente una regolata al nostro modo di essere e rispettare (anche) gli impegni europei. Come d'altronde fanno gli altri 27 Stati.