
domenica 18 giugno 2017
Sentenza Cassazione Num. 27304/2017 del 21/03/2017- Responsabilità dell'organizzatore di gare automobilistiche-Rally
Cassazione Penale Sent. Sez. 4 Num. 27304 Anno 2017
Data Udienza: 21/03/2017
RITENUTO IN FATTO
1.La Corte di appello di Firenze il 21 marzo 2016 ha confermato
integralmente la sentenza del 27 ottobre 2014 del Tribunale di Grosseto,
appellata dall'imputato, che aveva riconosciuto Mirco Tognarini responsabile del
reato di omicidio colposo, fatto contestato come commesso il 25 ottobre 2009.
2. Il fatto da cui è scaturito il processo consiste nell'incidente automobilistico
occorso a Sebastiano Scamporlino che, partecipante alla manifestazione sportiva
automobilistica "33° Rally Internazionale Trofeo Maremma", percorrendo alla
guida della propria vettura BMW la strada provinciale n. 19 in direzione da
Montemassi a Montieri (GR), andava ad urtare con la parte anteriore della fincata
sinistra dell'auto contro una quercia posta sul margine sinistro della carreggiata,
perdendo la vita quasi sul colpo per effetto dell'impatto.
3. La responsabilità dell'imputato è stata affermata dai giudici di merito in
qualità di presidente dell'associazione sportiva Trofeo della Maremma,
organizzatrice della manifestazione sportiva automobilistica "33° Rally
Internazionale Trofeo Maremma" e destinatario dell'autorizzazione del 20 ottobre
2009 dell'amministrazione provinciale di Grosseto, cioè in posizione di garanzia.
Il profilo di colpa, sia generica (negligenza, imprudenza, imperizia) che
specifica (violazione della prescrizione contenuta sia nel verbale di collaudo
tecnico del 2 ottobre 2009 sia al punto n. 13 dell'autorizzazione provinciale del
20 ottobre 2009), è stato riconosciuto sussistente per avere omesso l'imputato
di delimitare, segnalare e proteggere, con rotaballe o similari rispondenti ai
requisiti di resistenza all'urto, comunque in modo tale da eliminare il pericolo dei
veicoli in uscita dal piano viabile, le alberature, i manufatti, eventuali rocce
sporgenti e quant'altro potesse costituire potenziale pericolo nelle immediate
vicinanze della strada, così contribuendo a cagionare la morte dell'automobilista
Sebastiano Scamporlino che, nel corso della settima prova speciale del rally,
circa 300-400 metri dopo la partenza, dopo avere percorso un tratto rettilineo ed
in leggera salita e dopo avere affrontato una curva volgente a sinistra a velocità
superiore ai 100 km/h, avendo perso il controllo dell'auto, all'uscita della curva
stessa andava ad urtare alla velocità di circa 80 km/h contro una grande quercia
posta sulla banchina sul margine sinistro della carreggiata a circa un metro dal
ciglio della strada, perdendo la vita.
4. Ricorre per la cassazione della sentenza l'imputato, tramite difensore, che
si affida a due motivi di ricorso con i quali denunzia promiscuamente violazione
di legge e difetto motivazionale.
4.1. Con il primo motivo censura violazione degli artt. 42, 43 e 589 cod.
pen. e connesso difetto di motivazione sotto i profili della illogicità e
contradittorietà, assumendo la decisione erronea ed illegittima quanto alla
sussistenza dell'elemento soggettivo in capo all'imputato, alla violazione della
regola cautelare, alla prevedibilità ed evitabilità dell'evento e all'esistenza del
nesso di causalità, oltre che mancata assunzione di prova decisiva e violazione
dell'art. 507 cod. proc. pen.
4.1.1. In relazione al rispetto o meno da parte dell'imputato delle regole
cautelari, si assume che dalla documentazione in atti e della deposizione dei testi
G. Secchi, A. Guerri (le cui dichiarazioni si riportano per stralcio nell'atto di
impugnazione) e C. Riva risulterebbe che il ricorrente aveva adempiuto a tutte le
formalità prescritte per la manifestazione sportiva, che aveva ottenuto, previe
verifiche della p.a., la necessaria autorizzazione e che poco prima dell'inizio del
rally era passata una pattuglia della Polizia stradale senza nulla rilevare, tanto
che la gara si era tenuta regolarmente.
Richiamata la motivazione resa della Corte di appello al riguardo, si muove
alla stessa la critica di avere considerato il controllo pre-gara come un atto a sé
stante, del tutto svincolato dal procedimento amministrativo, mentre ne
costituisce parte integrante.
La Corte territoriale errerebbe ulteriormente nell'ammettere la possibilità di
errori degli agenti che hanno svolto la verifica pre-gara, magari per incompleta
«conoscenza di tutti i potenziali pericoli o non avere, nel momento del controllo,
la possibilità di effettuare una valutazione approfondita» (così alla p. 6 della
sentenza impugnata), in quanto il controllo da parte degli organi di cui all'art. 12
del d. Igs. 30 aprile 1992, n. 285, costituisce condizione di sopravvivenza
dell'autorizzazione.
Sotto tale profilo, gravemente erroneo ed illegittimo sarebbe il rifiuto,
inadeguatamente motivato, sia da parte del Tribunale che della Corte di appello
di accogliere la richiesta difensiva di ascoltare gli appartenenti alla Polizia
stradale che effettuarono il giro di verifica, in quanto si sarebbe così sottratto al
processo un dato fondamentale, essendo l'imputato, organizzatore dell'evento,
soggetto sottoposto al controllo dalla Polizia stradale, organo di cui si afferma,
peraltro, la possibilità di un errore sulla scorta di presupposti indimostrati.
4.1.2. Ad avviso del ricorrente, le conclusioni cui è giunta la Corte
territoriale circa il controllo pre-gara produrrebbe effetti anche sotto il distinto
profilo della prevedibilità dell'evento, non essendo stato possibile, proprio per
effetto del rigetto della richiesta di esame delle persone fisiche che effettuarono
il controllo, accertare i criteri di valutazione che seguirono i controllori.
Quanto, in particolare, alle condizioni dell'autovettura condotta dalla vittima,
decisive sarebbero le deposizioni dei testimoni Maurizio Russo, navigatore
trasportato sull'auto di Tognarini e sopravvissuto all'incidente, e di Manuel
Scamporlino, fratello della vittima, che hanno entrambi parlato di problemi
dell'auto: tale circostanza, unitamente ai dati, che si traggono dalla consulenza
del P.M., secondo cui la vettura era da turismo con omologazione scaduta, aveva
subito modifiche effettuate con disponibilità economica limitata, durante la curva
perse aderenza ed aveva le gomme consumate, sarebbero indicative di
circostanze fattuali che avrebbero avuto sicuramente un ruolo nella causazione
dell'evento. Agli agenti di Polizia si sarebbe dovuto chiedere anche se avessero
controllato le condizioni dell'autovettura: infatti i difetti evidenziati avrebbero
reso, secondo il ricorrente, l'evento imprevedibile ovvero evitabile se il
conducente avesse indossato il collare di Hans.
4.1.3. Ed a proposito della evitabilità, si sottolinea sia che persino la Procura
generale aveva sollecitato nuova consulenza in appello onde accertare se
eventuali protezioni sullo specifico punto del percorso sarebbero state idonee ad
impedire l'evento morte sia che lo stesso consulente del P.M. aveva,
testualmente, osservato che «Il sottoscritto consulente ritiene che l'urto sia stato
troppo violento e di tipologia tale da rendere ben poco efficace qualsiasi tipo di
protezione fisicamente utilizzabile».
Al riguardo si censura l'essersi la Corte di appello "rifugiata" (p. 21 del
ricorso) nell'adesione all'argomento sostenuto dal consulente della parte civile,
ing. Ceriali, secondo il quale l'uso di una protezione intorno all'albero avrebbe,
comunque, cambiato la dinamica dell'urto e ridotto gli effetti dell'impatto,
avendo, infatti, riportato lesioni modeste il navigatore che era seduto a fianco
dell'autista deceduto proprio perché non colpito direttamente dalla pianta.
Siffatte conclusioni sarebbero censurabili poichè verrebbero a modificare l'esito
della consulenza del P.M. attraverso il ricorso alla consulenza della parte civile.
4.1.4. La sentenza sarebbe gravemente viziata, secondo il ricorrente, anche
in relazione al tema dell'eventuale intervento di cause sopravvenute sufficienti a
determinare da sole l'evento e tali da escludere il nesso di causalità.
Il non avere effettuato l'autopsia, quindi il non avere accertato la specifica
causa di decesso, e il non avere tenuto in considerazione che la vittima non
indossava il collare di Hans avrebbero condotto i giudici di merito a conclusioni
che si giudicano apodittiche e contraddittorie, anche per non avere considerato
che all'interno dell'automobile vi sono parti, quali il volante e la struttura di
collegamento alle ruote, che in occasione dell'impatto costituiscono pericolo
esclusivamente per il conducente e non anche per il trasportato.
4.2. Con il secondo motivo si denunzia violazione degli artt. 62-bis, 132 e
133 cod. pen. e, nel contempo, mancanza e contraddittorietà di motivazione, per
avere la sentenza impugnata affrontato - si ritiene - con mere clausole di stile il
tema del trattamento sanzionatorio ed inoltre per avere immotivatamente
ritenuto inidoneo a determinare una riforma del trattamento sanzionatorio il
comportamento processuale dell'imputato ed il rispetto delle formalità prescritte
dal procedimento amministrativo.
4.3. Infine, con memoria intitolata "motivi nuovi" depositata il 9 febbraio
2017 la difesa ha contestato l'assenza fisica di apparato motivazionale in
relazione alla mancata concessione del beneficio della pena sospesa all'imputato,
che ne aveva fatto espressa richiesta con l'atto di appello.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Va preliminarmente dato atto che la richiesta di rinvio per adesione del
difensore all'astensione dalle udienze proclamata dall'Unione delle Camere penali
non è stata accolta (v. ordinanza alla p. 2 del verbale di udienza).
L'art. 4 del Codice di autoregolamentazione del 4 aprile 2007, valutato
idoneo dalla Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero
nei servizi pubblici essenziali con delibera del 13 dicembre 2007 (in G.U. n. 3 del
4 gennaio 2008), statuisce, testualmente, quanto segue:
«L'Astensione non è consentita nella materia penale in riferimento:
a) all'assistenza al compimento degli atti di perquisizione e sequestro, alle
udienze di convalida dell'arresto e del fermo, a quelle afferenti misure cautelari,
agli interrogatori ex art. 294 del codice di procedura penale, all'incidente
probatorio ad eccezione dei casi in cui non si verta in ipotesi dì urgenza, come ad
esempio di accertamento peritale complesso, al giudizio direttissimo e al
compimento degli atti urgenti di cui all'articolo 467 del codice di procedura
penale, nonché ai procedimenti e processi concernenti reati la cui prescrizione
maturi durante il periodo di astensione, ovvero, se pendenti nella fase delle
indagini preliminari, entro 360 giorni, se pendenti in grado di merito, entro 180
giorni, se pendenti nel giudizio di legittimità, entro 90 giorni;
b) nei procedimenti o nei processi in relazione ai quali l'imputato si trovi in
stato di custodia cautelare o di detenzione, ove l'imputato chieda
espressamente, analogamente a quanto previsto dall'art. 420 ter comma 5
(introdotto dalla legge n. 479/1999) del codice di procedura penale, che si
proceda malgrado l'astensione del difensore. In tal caso il difensore di fiducia o
d'ufficio non può legittimamente astenersi ed ha l'obbligo di assicurare la propria
prestazione professionale».
Quanto alla natura della fonte normativa, il codice di autoregolamentazione
è considerato dalle Sezioni Unite fonte di diritto oggettivo, normativa secondaria
o regolamentare, vincolante non soltanto per il difensore ma anche per il giudice
(Sez. U, n. 26711 del 30/05/2013, Ucciero, Rv. 255346; Sez. U, n. 40187 del
27/03/2014, Lattanzio, Rv. 259926) e l'astensione un vero e proprio diritto del
difensore, ove ricorrano le condizioni di cui al codice di autoregolamentazione
(Sez. U, n. 40187 del 27/03/2014, Lattanzio, cit.).
Ciò posto, maturando il termine di prescrizione del reato per cui si procede il
25 aprile 2017 (non ci sono eventi sospensivi), cioè nel termine di novanta giorni
di cui alla lett. a) dell'art. 4 del richiamato codice di autoregolamentazione, è
esclusa la possibilità di astensione.
2. Ciò posto, il ricorso deve essere rigettato.
2.1. Quanto al primo motivo, lo stesso, sia pure sotto l'apparente veste della
denunziata violazione di regole sulla colpa e sulla causalità, è, in realtà, in larga
parte incentrato su pretesi vizi motivazionali, a fronte di doppia conforme di
condanna e senza evidenziare travisamenti della prova.
Si passi ad esaminare, in particolare, le singole censure.
2.1.1.Quanto alla pretesa violazione degli artt. 507 e 603 cod. proc. pen,
osserva il Collegio che l'art. 603 cod. proc. pen. prevede un potere pacificamente
discrezionale del giudice di merito, salva l'ipotesi, non ricorrente però nel caso di
specie, di sopravvenienza di prove nuove (infatti, «in tema di rinnovazione
dell'istruzione dibattimentale, ex art. 603, comma secondo, cod. proc. pen., il
giudice di appello è tenuto a disporre la rinnovazione delle nuove prove
sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di primo grado, salvo il limite costituito
da richieste di prove vietate dalla legge o manifestamente superflue o irrilevanti;
diversamente nell'ipotesi contemplata dall'art. 603, comma primo, cod. proc.
pen., la rinnovazione è subordinata alla condizione che il giudice ritenga,
nell'ambito della propria discrezionalità, che i dati probatori già acquisiti siano
incerti e che l'incombente processuale richiesto rivesta carattere di decisività»:
così Sez. 2, n. 31065 del 10/05/2012, Lo Bianco e altri, Rv. 253526; in senso
conforme, cfr. Sez. 3, n. 47963 del 13/09/2016, F., Rv. 268657; Sez. 3, n.
42965 del 10/06/2015, L., Rv. 265200; Sez. 1, n. 39663 del 07/10/2010,
Cascarino e altro, Rv. 248437; Sez. 5, n. 12443 del 20/01/2005, Unis, Rv.
231681; Sez. 3, n. 3348 del 13/11/2003, dep. 2004, Pacca e altro Rv. 227494).
2.1.2. In relazione alle ulteriori plurime doglianza affasciate nel primo
motivo di ricorso, va detto che nessuno degli argomenti svolti, considerati
isolatamente o nel loro complesso, risulta avere una forza persuasiva tale da
disarticolare l'intero ragionamento probatorio svolto nelle, tra di loro conformi,
sentenze di merito (cfr. il principio affermato al riguardo da Sez. 6, n. 5146 del
16/01/2014, Del Gaudio e altri, Rv. 258774; Sez. 4, n. 4060 del 12/12/2013,
Capuzzi e altro, Rv. 258438; Sez. 4, n. 5615 del 13/11/2013, dep. 2014, Nicoli,
Rv. 258432; Sez. 4, n. 19710 del 03/02/2009, Buraschi, Rv. 243636; Sez. 1, n.
24667 del 15/06/2007, Musunneci, Rv. 237207).
2.1.2.1. Appare opportuno precisare, prima di passare ad affrontare le
singole doglianze, che, quanto alla dinamica dell'infortunio, le sentenze di merito
forniscono le seguenti informazioni:
la quercia, collocata a circa un metro dal ciglio della strada, non era protetta
con rotaballe o con altro materiale;
oltre l'albero, più lontano dalla strada, vi era un casolare;
l'automobile BMW, a trazione posteriore, aveva subito modifiche al motore
che, secondo quanto accertato dal consulente del P.M., non hanno avuto alcuna
concreta incidenza sulla dinamica del sinistro;
sempre secondo quanto accertato dal consulente del P.M., nessun guasto
meccanico è stato rilevato;
i pneumatici (al cui eventuale scoppio non si fa cenno né in sentenza né da
parte del ricorrente), seppure obsoleti e con vistose crepature sulla superficie del
battistrada, erano comunque, come precisato dal c.t. del P.M., in linea con quelli
utilizzati per simili competizioni e l'auto era stata ammessa alla gara poiché le
gomme non erano evidentemente afflosciate o manifestamente inadatte;
dopo i primi giri, la gara era stata sospesa per 15-20 minuti, sicché le
gomme avevano avuto modo di raffreddarsi; del resto, l'impatto era avvenuto
subito dopo la partenza, percorsi appena 500 metri, quando le gomme non si
erano ancora potute scaldare;
l'urto, avvenuto tra l'albero e la parte sinistra dell'auto, proprio nel punto
occupato dal conducente, era stato di tale forza che l'automobile si era piegata
attorno all'albero, cioè lo sportello del guidatore aveva preso la forma del tronco.
Ciò posto, la circostanza che la grande quercia posta nelle immediate
vicinanze della strada (nella banchina e ad un metro circa dal ciglio) fosse priva
di protezione, in difformità da quanto prescritto nel verbale di collaudo e
nell'autorizzazione provinciale, è stata ritenuta dai giudici di merito fondante la
colpa dell'imputato, anche considerato che il precetto cautelare violato era teso
proprio ad evitare eventi del tipo di quello verificatosi, essendo peraltro
prevedibile e concretamente prevenibile, nel contesto del rally automobilistico da
svolgersi in strade chiuse al traffico, attività intrinsecamente pericolosa, l'errore
del pilota, e che, essendosi in presenza di reato omissivo, il nesso di causalità tra
omissione ed evento deve valutarsi in termini di alta probabilità logica, nel caso
di specie avente riferimento anche alla notoria minore aderenza alla strada delle
auto a trazione posteriore rispetto a quelle a trazione anteriore ed alla - ritenuta
dal consulente - minor forza devastante dell'impatto o deviazione dell'evoluzione
dell'incidente in caso di adeguata protezione del fusto della pianta.
E' stata inoltre ritenuta irrilevante dai giudici di merito la circostanza che il
tratto stradale fosse stato controllato anche dalla Polizia stradale, in quanto
destinatario della posizione di garanzia era l'imputato.
2.1.2.2. Ciò posto, proprio con riguardo al controllo pre-gara, argomento
peraltro già sviluppato dalla difesa nell'atto di appello (pp. 3-7, 11-12 e 17
dell'impugnazione), ha ritenuto la Corte di appello, arricchendo il ragionamento
già svolto sul punto dal Tribunale (p. 4 della sentenza di primo grado e pp. 5-6 di
quella di appello), che era palese dall'esame delle fotografie dei luoghi la
pericolosità di un tale ostacolo a così breve distanza dal ciglio della strada ed
all'uscita di una curva, luoghi che dovevano ritenersi conosciuti
dall'organizzatore, che il controllo dell'autorità di Polizia potrebbe essere non
completo o perché non a conoscenza di tutti i pericoli (ad esempio, che
partecipavano al rally auto a trazione posteriore, per loro natura meno stabili) o
perché priva della possibilità di svolgere un esame approfondito e che,
comunque, un eventuale errore di valutazione degli agenti della Polizia stradale
non scriminerebbe il titolare della posizione di garanzia.
Con la conseguenza, peraltro, che «la irrilevanza della valutazione di non
pericolosità eventualmente espressa, anche solo di fatto, dagli agenti autori
dell'ultimo controllo prima della gara rende quindi inutile la integrazione
probatoria richiesta» (così alla p. 6 della sentenza impugnata).
Quanto alle condizioni dell'automobile condotta da Sebastiano Scamporlino
(altro tema già introdotto nell'appello, v. pp. 12-16), si tenta di contestare,
mediante il - non probante - richiamo a passaggi decontestualizzati di brani
delle dichiarazioni del trasportato e del fratello della vittima relativi a sensazioni
soggettive circa il comportamento della vettura, l'esito dell'istruttoria tecnica,
ove è appena il caso di sottolineare che il C.T. del P.M. ha ritenuto, come si è
visto, che la BMW aveva - sì - subito modifiche al motore ma che tali modifiche
non hanno avuto alcuna concreta incidenza sulla dinamica del sinistro, che
nessun guasto meccanico è stato rilevato e che le gomme, seppure in non buone
condizioni, non erano evidentemente afflosciate o manifestamente inadatte (p. 4
della sentenza impugnata e pp. 2-3 della sentenza del Tribunale).
Anche il tema della possibilità o meno di un esito diverso in caso di urto
contro il tronco dell'albero ove adeguatamente protetto, già sinteticamente
introdotto con l'atto di appello (p. 16), è stato affrontato nella sentenza
impugnata che, sviluppando l'osservazione già svolta da parte del Tribunale (pp.
4-5), ha motivatamente fatto propria l'opinione del c.t. della parte civile, ing.
Ceriali, circa la minore lesività di un impatto contro un oggetto protetto, come
dimostrato del resto dall'essere uscito il navigatore Maurizio Russo quasi illeso
dall'incidente e dalla forza esercitata sullo sportello lato conducente, piegato
secondo la sagoma del tronco (pp. 4-5 della sentenza di appello).
Quanto, infine, alla mancanza di autopsia e al non avere l'imputato
indossato il colare di Hans (solo il secondo tra i due aspetti già introdotto con
l'appello, v. p. 16), a parte il fatto che in precedenza la difesa non risulta essersi
lamentata dell'omissione dell'esame autoptico, la Corte di appello (alle pp. 6-7)
ha descritto le gravi conseguenze riportare dal conducente la BMW, comprensive
anche di lesioni al capo, al volto ed al torace, parti del corpo che, in ogni caso,
non sarebbero state mai protette dal collare in questione.
Ebbene, tutti i riferiti passaggi motivazionali appaiono al Collegio logici,
congrui, resistenti alle censure ed immuni da vizi emendabili in cassazione,
risultando in ogni caso decisivo che gli sforzi difensivi si infrangono sulla
constatazione che, come correttamente puntualizzato a più riprese nelle
sentenza di merito, la concorrente colpa altrui, accertata (la vittima) ovvero solo
ipotizzata (gli agenti incaricati del controllo), non elimina la responsabilità
dell'imputato, la cui posizione di garanzia era particolarmente pregnante.
Del resto, e conclusivamente, già Sez. 4, n. 35326 del 03/07/2008,
Zecchino, Rv. 241982, ha - condivisibilmente - avuto modo di precisare che «In
tema di responsabilità da sinistri stradali, gli organizzatori di corse
automobilistiche (nella specie: "rally" di montagna) hanno l'obbligo giuridico di
porre in essere tutte le cautele possibili onde evitare incidenti di gara, non
potendo, in difetto, invocare il carattere intrinsecamente pericoloso della
predetta attività, che soltanto con riguardo alle condotte dei partecipanti può
dirsi non ispirata al comune concetto di prudenza».
2.2. Il secondo motivo di ricorso è, del pari, destituito di fondamento.
Quanto, infatti, al trattamento sanzionatorio, la Corte di appello ha dato atto
(p. 7) che il Tribunale è partito da una pena poco superiore al minimo edittale, di
otto mesi di reclusione (p. 5 della sentenza di primo grado), con riduzione per le
riconosciute attenuanti generiche, peraltro applicate nella massima estensione, e
che la difesa non ha introdotto valide ragioni giustificative di un ipotetico
trattamento più mite, essendosi limitata ad invocare «una sorta di buona
condotta processuale e pre-processuale non meglio specificata», peraltro in
presenza di ben due precedenti in giudicato a pena sospesa nel casellario
dell'imputato (p. 7 della sentenza di appello).
Ed è ben noto che, secondo costante orientamento di legittimità, «In tema
di determinazione della pena, nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto
della media edittale, non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione da
parte del giudice, essendo sufficiente il richiamo al criterio di adeguatezza della
pena, nel quale sono impliciti gli elementi di cui all'art. 133 cod. pen.» (v., ex
plurimis, Sez. 4, n. 21294 del 20/03/2013, Serratore, Rv. 256197; Sez. 2, n.
36245 del 26/06/2009, Denaro, Rv. 245596), in applicazione del risalente - e
sempre valido - canone secondo il quale quanto più il giudice intenda discostarsi
dal minimo edittale, tanto più ha il dovere di dare ragione del corretto esercizio
del proprio potere discrezionale (v., tra le numerose pronunzie, Sez. 4, n. 46412
del 05/11/2015, Scaramozzino, Rv. 265283; Sez. 2, n. 28852 del 08/05/2013,
Taurasi e altro, Rv. 256464; Sez. 1, n. 24213 del 13/03/2013, Pacchiarotti e
altri, Rv. 255825; Sez. 6, n. 35346 del 12/06/2008, Bonarrigo e altri, Rv.
241189; Sez. 6, n. 2925 del 18/11/1999, dep. 2000, Baragiani, Rv. 217333).
2.3. Il terzo motivo, contenuto nella memoria da ultimo depositata, è
vistosamente inammissibile sia per la tardività con il quale è stato posto per la
prima volta, non essendovi traccia del tema della pena sospesa nel ricorso
tempestivamente depositato, sia, in ogni caso, per la manifesta infondatezza
dello stesso, avendo la Corte territoriale chiarito expressis verbis (p. 7) che osta
al beneficio la presenza di due condanne per delitto condizionalmente sospese.
3. Discende dalle considerazioni svolte il rigetto del ricorso e la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al rimborso delle spese
sostenute dalle parti civili, liquidate, alla luce delle tariffe, come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché al rimborso delle spese di giudizio in favore delle parti civili
Scamporlino Manuel e Pettenuzzo Lorena, liquidate in euro tremila, oltre
accessori come per legge.
Così deciso il 21/03/2017.
Il Consigliere estensore
(...)
Il Presidente
(...)
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
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