Terminata la
campagna elettorale "europea", com'è noto dominata da slogan del tipo
"te la do io l'Europa", vediamo ora gli effetti del voto che in
questa occasione appaiono a dir poco diversificati. Ricordando, tuttavia, che
nel dibattito generale della campagna elettorale di Unione europea si è parlato
poco o niente trasferendo, come sempre, la competizione su questioni puramente
interne. E mi riferisco non solo ai partiti "no euro o no europa"
bensì alla maggior parte delle compagini politiche. E' un atteggiamento
deprecabile che evidenzia la gestione "domestica" degli affari con
una visione provinciale della politica italiana. A seguito di queste elezioni,
tuttavia, il risultato delle urne "europee" del 2014 rappresenta un fatto
nuovo, più democratico, che va al di la della scelta dei 751 europarlamentari;
per la prima volta della storia comunitaria, infatti, i cittadini europei hanno
espresso un voto che non soltanto gura una loro rappresentanza (o maggioranza)
in seno al Parlamento europeo (PE) (che li rappresenta nella "triade"
legislativa del sistema istituzionale UE), ma anche, e (forse) soprattutto,
indirettamente, va ad incidere
sulla successiva nomina del Presidente della Commissione europea. Organo che,
lo ricordo, rappresenta l'interesse europeo comune. Di conseguenza, i cittadini
UE hanno avuto la possibilità di incidere su due istituzioni fondamentali della
"triade" legislativa, considerando che il Consiglio UE (meglio noto
come "dei ministri") riunisce i ministri dei governi nazionali per
materia trattata (ecofin, affari generali, agricoltura, ambiente, commercio
ecc.). Al di fuori del "triangolo legislativo" il Consiglio europeo,
organo sostanzialmente politico, che riunisce de facto i Capi di Stato e di governo dei 28 Stati membri che nella
procedura di nomina del Presidente della Commissione gode di un ruolo
importante. . Pertanto, i cittadini UE sono considerati come parte integrante
del sistema; e questa è una conquista democratica raggiunta negli anni a
seguito di estenuanti trattative e grazie, soprattutto, alla giurisprudenza della Corte di giustizia
UE. Ma nessuno lo sa. Ripeto: nessuno ne è a conoscenza. Così che, allo slogan
"te la do io l'Europa" si dovrebbe considerare la determinazione collettiva
di chi ha votato ed espresso una preferenza: questa è ordinaria democrazia
("l'Europa che vogliono i cittadini"). Per di più in un sistema
complesso come è l'UE che racchiude Stati (e che Stati!), istituzioni e
cittadini. La questione è, allora, da un lato, il rispetto della volontà
politica dei cittadini con tutte le conseguenze che ne derivano e, dall'altro,
il rispetto delle norme giuridiche, in particolare delle norme costituzionali
europee (i Trattati). E' prevedibile un conflitto tra istituzioni UE: in
particolare tra PE e Consiglio europeo, giacchè quest'ultimo non sembra
accettare di buon grado la nuova previsione dei Trattati prevista dalla riforma
di Lisbona nel 2007. La base giuridica della questione è l'art. 17, parag. 7
TUE che stabilisce che il Consiglio europeo nella nomina del Presidente della
Commissione europea, dopo consultazioni appropriate, deve "tener
conto" dei risultati delle elezioni del PE. In passato, la designazione
era appannaggio esclusivo del Consiglio europeo con una successiva "ratifica"
da parte del PE (una sorta di assenso democratico). Dopo Lisbona, nell'ottica
di un sistema più democratico e vicino ai cittadini, la procedura di nomina si
sbilancia verso il PE e, le conseguenti decisioni dei Capi di Stato e di governo, appaiono
come un momento di fusione del profilo democratico ed il profilo
intergovernativo. Ciò perchè il PE e la Commissione europea sono collegati da un rapporto
di fiducia (voto di approvazione) che in qualsiasi momento si può rompere
(mozione di censura) con la conseguenza delle dimissioni dei membri della
Commissione (giacchè organo collegiale). Il Consiglio europeo non può tralasciare
questa relazione istituzionale fondamentale e democratica per gli equilibri
istituzionali complessivi. Comprendo che sono in gioco anche altre decisioni
importanti da prendere entro l'anno (presidente del Consiglio europeo, Alto
Rappresentante per la politica estera, eurogruppo ecc.) ma la relazione
PE-Commissione è l'essenza stessa della democrazia nel sistema istituzionale
dell'Unione europea. Aspetto, questo, che viene richiamato enfaticamente nel
Preambolo del Trattato sull'Unione europea lì dove si invitano gli Stati membri
a "rafforzare
ulteriormente il funzionamento democratico ed efficiente delle istituzioni in
modo da consentire loro di adempiere in modo più efficace, in un contesto
istituzionale unico, i compiti loro affidati".

venerdì 20 giugno 2014
domenica 1 giugno 2014
Risposta a D.M. che scrive su Il Sole 24 Ore una lettera su "Il reale peso dell'Europarlamento"
Leggo la lettera pubblicata oggi 29 maggio 2014 (sul
numero 145 a pag. 22) dal titolo "Il reale peso dell'Europarlamento"
a firma D.M., che mi da l'opportunità di spiegare meglio e di
chiarire a beneficio della collettività. Da studioso della materia senza alcun
motivo di polemica. Anzi, lo ringrazio per la sollecitazione. Non dobbiamo
dimenticare che l'Unione europea non è uno Stato (ancorché taluni la ritengano
un "Super-Stato" o qualcosa del genere) e, quindi, dal punto di vista
strettamente giuridico non è possibile fare riferimenti statali. Non sono
corretti né adeguati. L'accostamento è improponibile. Il sistema istituzionale
UE è un sistema complesso (28 ordinamenti giuridici da cooordinare), diverso,
dalle due anime: una propriamente "comunitaria", direi istituzionale,
l'altra intergovernativa. Il potere legislativo è appannaggio di tre
istituzioni comunitarie: la Commissione europea che gode di un diritto molto
esteso di iniziativa legislativa e dà l'avvio all'iter legislativo nell'interesse
comune; ed è l'organo sostanzialmente esecutivo e di controllo UE; poi abbiamo
il Parlamento europeo (PE) (organo che rappresenta i Popoli europei) ed il
Consiglio dell'Unione (che rappresenta i governi degli Stati membri; da non
confondere con il Consiglio europeo che è un organo politico che riunisce i
Capi di Stato e di governo dei 28 Stati). Dalla dialettica istituzionale di PE
e Consiglio, e dai differenti obiettivi delle istituzioni, scaturisce la
legislazione UE che generalmente conosciamo come il diritto dell'Unione
europea. Quelle "leggi" europee che, in modo diretto ovvero in modo
mediato, stabiliscono diritti e doveri non solo per lo Stato ma anche per le
persone (fisiche e giuridiche). Il Parlamento europeo, oggi, a seguito dell'ultima
riforma del Trattato di Lisbona entrata in vigore il 2010, gode di un potere
legislativo riconducibile a quello del Consiglio UE, e quindi, laddove non
riscontri un interesse generale e soprattutto dei cittadini che rappresenta,
può bloccare l'iter legislativo fino al punto di porre il veto nei confronti
del Consiglio. E' una importante conquista raggiunta negli anni. Ricordo,
infatti, che con la novellata procedura legislativa ordinaria, che è la
procedura più importante ed utilizzata per l'esercizio delle politiche comuni,
il PE (oltre alle altre prerogative altrettanto importanti che non sto in
questa sede ad esporre) rappresenta l'unica "voce" dei cittadini
europei. Ecco perché è importante essere ben rappresentati all'interno del
sistema legislativo UE. Quanto al costo degli Europarlamentari, com'è
comprensibile, si tratta di scelte politiche. Ricordo soltanto, per maggiore
chiarezza, che il bilancio UE a differenza di altre organizzazioni
internazionali, si fonda su risorse proprie (art. 311 TFUE): si tratta di entrate prelevate nel quadro delle politiche
comunitarie e non già provenienti dagli Stati membri e calcolate come
contributi nazionali. Le risorse proprie sono costituite da dazi doganali,
diritti agricoli, contributi zucchero, aliquota prelevata sulla base imponibile
armonizzata dell'imposta sul valore aggiunto (IVA) e aliquota prelevata sul
reddito nazionale lordo (RNL).
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