Qualche mese fa
ho riletto il saggio di John Maynard Keynes, del 1919, "Le conseguenze
economiche della pace" (Adelphi 2012), convinto che la sua (sorprendente)
attualità possa essere utile nella risoluzione della questione della Grecia. Vae victis! Guai ai vinti. É questo il
senso della critica di Keynes ai vincitori della prima guerra mondiale. Nella
questione odierna non ne è coinvolta soltanto la Grecia, si badi bene, che
funge da casus belli, ma tutta
l'Unione europea intendendo i 28 Stati membri, le Istituzioni e, quindi,
l'intero sistema. Ripercussioni sono verificabili anche oltre l'Europa posto
che i mercati finanziari e la globalizzazione sono evidentemente sistemi
interconnessi. Keynes nel suo saggio ha predetto la catastrofe all'indomani del
Trattato di Versailles che ha stabilito le riparazioni e i risarcimenti nei
confronti della Germania all'indomani della conclusione della prima guerra
mondiale. Egli scriveva "chiedendo l'impossibile hanno sacrificato la
sostanza all'apparenza e alla fine perderanno tutto" (p. 13). E ancora
"una guerra dichiaratamente combattuta in difesa della sacralità degli
impegni internazionali, che termina con la patente violazione di uno tra i più
sacri di tali impegni da parte deicampioni vittoriosi di questi ideali" (p. 123). Sorprendentemente
e tragicamente attuale. Prendendo a modello le considerazioni premonitrici di
Keynes, una prima considerazione da uomo della strada è
che a Bruxelles nei negoziati fiume che si susseguono oramai da anni, si sta
"scherzando" con il fuoco. Si è giunti alla stretta conclusiva. Alla fine
quale che sarà la decisione finale, non ci saranno vincitori e vinti nè da un lato nè dalll'altro. Tutti
hanno (già) perso e gli attori principali di questa incredibile farsa porteranno
con sè la responsabilità del futuro dei nostri figli e dei nipoti. La questione
è meramente politica, punto. Di stupidità politica. Da un lato le richieste dei
cc.dd. "creditori" europei, vale a dire, la c.d. "Troika"
(due rappresentanti UE – Commissione europea e BCE) dall'altro le richiesta
internazionali del Fondo Monetario Internazionale (FMI). Troppa ostinazione e rigidità da parte dei creditori e troppe promesse ai propri elettori, oggi irrealizzabili, da parte
del governo greco. Le cause che hanno portato a questa impasse politica sono
note sia da un lato che dall'altro. Jeffry Sachs nel suo articolo "Il default greco? Un
impatto paragonabile al crack Lehman" (crisi USA del 2008) pubblicato ne
Il Sole 24 Ore del 18 giugno 2015 a pag. 2, ammonisce la rigidità e le
richieste dei creditori ritenendole "autolesionistiche". Sono
d'accordo. Ci vorrebbe buon senso politico. Giacchè una parte importante della
popolazione greca soffre la fame. Non c'è d'aggiungere altro. Integrazione
(europea) vuol dire anche rispettare le "eredità culturali, religiose e umanistiche
dell'Europa, da cui si sono sviluppati i valori universali dei diritti
inviolabili e inalienabili della persona, della libertà, della democrazia,
dell'uguaglianza e dello Stato di diritto" ricordando sempre
"l'importanza storica della fine della divisione del continente europeo e
la necessità di creare solide basi per l'edificazione dell'Europa futura"
nonché accrescere "la solidarietà tra i loro popoli rispettandone la
storia, la cultura e le tradizioni" (Preambolo Trattato
sull'Unione europea-TUE). Sono belle espressioni scolpite nei Trattati,
rispettiamole, applichiamole, ricordando Keynes. L'Europa è la culla della
civiltà e dei diritti non dimentichiamolo mai.
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