La Corte Costituzionale tedesca (Bundesverfassungsgericht), ha deciso di rinviare alla
Corte di giustizia dell'Unione europea (in prosieguo anche Corte UE) un ricorso
contro il programma della BCE di acquisti illimitati di bond noto come OMT
(Outright Monetary Transactions). E' un fatto importante che va segnalato. Infatti, la suprema Corte tedesca si
rivolge, per la prima volta in cinquant’anni, alla Corte UE di Lussemburgo,
attivando così la procedura pregiudiziale contenuta nell'art. 267 del Trattato
sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE). La decisione resa nota il 7 febbraio 2014, si inserisce
nel più ampio dibattito pendente dinanzi alla Corte costituzionale tedesca
riguardo la costituzionalità della partecipazione tedesca allo European Stability Mechanism (ESM),
il fondo europeo di salvataggio finanziario. Su questa questione il Bundesverfassungsgericht emetterà una sentenza il
18 marzo dopo che la Corte UE si sarà pronunciata. I due temi sono collegati in
quanto, per poter ricevere gli aiuti dal programma OMT, uno Stato deve
necessariamente sottoscrivere un programma di finanziamento dai fondi europei
di salvataggio (ESM), rispettandone la condizionalità. Secondo molti cittadini
tedeschi il programma OMT violerebbe l'articolo 123 TFUE e per questo motivo la
Corte costituzionale tedesca ha rinvito la questione alla Corte UE attendendo
il suo responso. E' importante ricordare che l'art. 267 TFUE disciplina efficacemente
la cooperazione tra i giudici nazionali degli Stati membri (quali che siano) e la
Corte di giustizia UE; costituendo, così, in materia di diritto dell'Unione
europea, un mega-ordinamento giudiziario europeo coordinato ed integrato.
Siffatta procedura trasforma il ruolo dei giudici nazionali in giudici europei
"decentrati", ovvero giudici "naturali" del diritto UE.
L'aver rinviato, per la prima volta, gli atti della causa alla Corte di
giustizia è un fatto importante, laddove si consideri che le Corti
costituzionali (non tutte per la verità) non sempre e con favore hanno attivato
la procedura di cooperazione, non ritenendo di esserne né obbligate né
coinvolte funzionalmente. Anche la Corte costituzionale italiana è stata riluttante
a rinviare gli atti alla Corte UE fino al leading
case della nota ordinanza n. 103/2008 a cui ha fatto seguito la più recente e
significativa ordinanza di rinvio n. 207/2013
che attende la pronuncia della Corte di giustizia. In sostanza, dopo un lungo
periodo di silenzio, le Corti costituzionali (sopra citate) hanno compreso che
la procedura del rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE non rappresenta una diminutio delle loro funzioni costituzionali, bensì un arricchimento delle
loro prerogative e una "valvola di sfogo" significativa in una
materia, tanto complessa come il diritto UE, non sempre di facile assimilazione
(accettazione?) anche ai giudici costituzionali. Sicché, messe da parte le
presunzioni di "onnipotenza" e vetusti retaggi nazionalistici (leggi
sovranità) anche i giudici di Karlshrue che, lo ricordo, rappresentano un punto
di riferimento certo del diritto in Europa, hanno ben compreso che cooperare
non vuol dire sottomettersi a nessuno e men che meno alla Corte di giustizia
UE. Il segnale va letto anche in altra prospettiva. Ci si rende conto che (dal
1951) siamo parte di un ordinamento sovranazionale costituito per disciplinare
insieme talune materie che gli stessi Stati hanno trasferito, volontariamente,
dalla loro competenza esclusiva (sovranità) alle istituzioni dell'Unione
europea? E che tra queste istituzioni l'unica che ci rappresenta è il Parlamento
europeo? Le Corti costituzionali lo hanno compreso (anche in ritardo…); e i
cittadini?
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