Oggi 4,3
milioni di scozzesi vanno al voto referendario per votare se restare con il
Regno Unito oppure staccarsi in modo definitivo e creare uno Stato
indipendente. Tecnicamente si tratta di "secessione" secondo il
diritto internazionale. Le motivazioni sono molteplici e non sono oggetto di
queste riflessioni. Un dato è però chiaro: le giustificazioni
che spingono i secessionisti sono di natura culturale,
ideologica, politica ed economica; un bel melting pot. Al di là del fatto
emozionale, ciò che interessa segnalare è l'insieme delle conseguenze
giuridiche che deriverebbero dalla vittoria dei secessionisti ai quali non può
essere negato, va ricordato, manifestare il proprio pensiero (e voto)
all'interno di una democrazia compiuta e consolidata come è quella britannica.
Ricordo che la secessione non va letta soltanto in senso negativo e disastroso:
ad esempio in Europa, nella divisione della Cecoslovacchia, l'indipendenza
nazionale è stata gestita civilmente e senza traumi, sia sul piano interno sia
su quello internazionale ed europeo. Entrambi gli Stati che ne derivarono sono
membri in Europa dell'Unione europea e della Nato. Quid iuris sul versante del diritto dell'Unione europea (UE)? La
Scozia indipendente subentrerebbe sic et simpliciter nell'UE? Nell'Unione
economica e monetaria (UEM) e nell'euro? Il distacco della Scozia dalla Gran
Bretagna pone alcune questioni preliminari di diritto internazionale. In primo
luogo la soggettività
internazionale della Scozia vale a dire il suo riconoscimento da parte
della comunità internazionale. Va valutato se il nuovo Stato (organizzazione di
governo in tutte le sue articolazioni) effettivamente detiene l'esercizio del
potere di governo sulla comunità umana stanziata sul territorio de quo, che si definirebbe
eveidentemente scozzese. Questo il primo step. Successivamente il nuovo governo
(insediato e riconosciuto) dopo aver risolto le questioni "interne" può
chiedere ex novo di aderire alle
organizzazioni internazionali quali ONU, Nato e, da ultimo, l'UE giacchè nel
diritto internazionale, nella successione degli Stati, vige la regola della
cc.dd. "tabula rasa". Vale a dire non c'è continuità degli impegni
internazionali sottoscritti dal precedente soggetto internazionale. L'articolo
49 TUE stabilisce le regole per l'adesione di nuovi Stati "europei"
all'Unione. Per Stato "europeo" si intende non soltanto il dato
geografico (che pure è rilevante), bensì la presenza di un insieme di
requisiti, di valori comuni, di idee, di valori culturali che formano il DNA dello Stato che chiede di aderire
all'UE. Ad esempio al Regno del Marocco nel 1987 non fu accettata la sua
richiesta di adesione all'ora Comunità economica europea. Lo Stato richiedente
deve rispettare, pertanto, i valori "della dignità umana, della libertà, della
democrazia, dell'uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti
umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori
sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo,
dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà
e dalla parità tra donne e uomini" (art. 2 TUE). Ulteriore condizione di
accesso all'UE è il rispetto dei criteri cc.dd. "di Copenaghen", che
prendono il nome dalla sede del Consiglio europeo nel quale nel 1993 furono
decisi, che sono sostanzialmente 3 + 1. Il criterio
politico richiama i valori dell'art. 2 TUE più la stabilità di governo (c'è
bisogno di istituzioni stabili che governino in un sistema politico democratico);
in questo senso, l'adesione dello Stato al Consiglio d'Europa (da non
confondere con le istituzioni UE) ed alla Convenzione sui diritti umani è
fortemente richiesta. Il criterio
economico postula un'economia (sociale) di mercato capace di competere sul
piano della concorrenza internazionale in un regime di liberalizzazioni
controllate (antitrust). Il criterio
giuridico o dello "dell'acquis
comunitario" che richiede la capacità dello Stato di integrare nel
proprio ordinamento giuridico tutto il diritto dell'UE esistente (dagli anni
'50 ad oggi); accettando insomma diritti ed obblighi a parità con gli altri
Stati membri. Poi la prassi ha evidenziato un 4° criterio: ossia la capacità da parte dell'Unione europea di
assorbire nuovi Stati europei non alterando il ritmo e l'andamento coerente
dell'integrazione europea. Credo che la Scozia già oggi sia pressochè in regola
con suddetti parametri. La procedura di adesione, tuttavia, non è semplice e
può durare anche molti anni (si pensi alla Turchia). Dopo una fase che potremmo
definire interna all'UE (fase comunitaria) – si pensi ai pareri di Parlamento
europeo, Consiglio e Commissione – si passa alla fase intergovernativa. Afferma
l'art. 49, secondo comma, TUE "Le condizioni per l'ammissione e gli
adattamenti dei trattati su cui è fondata l'Unione, da essa determinati,
formano l'oggetto di un accordo tra gli Stati membri e lo Stato richiedente.
Tale accordo è sottoposto a ratifica da tutti gli Stati contraenti
conformemente alle loro rispettive norme costituzionali". Si tratta quindi di un accordo
internazionale che per entrare in vigore necessita della ratifica da parte di
tutti gli Stati membri. Vige pertanto il regime dell'unanimità. Qualora i
fautori della secessione avessero la meglio, è auspicabile una transizione
democratica e il più possibile indolore, nel rispetto della democrazia e
dell'autodeterminazione dei popoli.
Nessun commento:
Posta un commento