martedì 2 luglio 2013

L'intricata questione dei Marò: atto finale?



L’intricata  questione dal punto di vista giuridico-politica è nota a tutti, quanto meno nei tratti giornalistici e per quei pochi documenti accessibili; una questione incredibilmente gestita male dal governo italiano. Al di là delle recenti ricostruzioni dei fatti. Rimando ai miei precedenti post nel mio blog massimofragola.blogspot.it. Tuttavia, non può negarsi che l’India ha esorbitato dalle sue competenze in modo chiaro ed inequivocabile. Avocando a sé il diritto di giudicare i due militari italiani ha disatteso le convenzioni ed il diritto internazionale consuetudinario con un approccio sicuramente non diplomatico ma arrogante dal punto di vista giuridico-politico. Credo che il governo italiano, una volta costatata l’impossibilità di risolvere la questione in tempi brevi e in via diplomatica, avrebbe dovuto immediatamente richiedere un arbitrato internazionale, in modo unilaterale, che avrebbe potuto chiarire i fatti in modo terzo e indipendente. Troppi giorni in attesa di sviluppi diplomatici, troppe valutazioni errate. Perché non chiedere una rogatoria internazionale immediatamente? Le tardive richieste di rogatoria per consentire di svolgere i procedimenti penali in Italia rimangono tuttora prive di riscontro. La richiesta alle Autorità  indiane di avviare consultazioni ex art. 100 e art. 283 della Convenzione sul Diritto del Mare (UNCLOS) non ha ricevuto riscontro ed ha allungato i tempi. Errori anche da parte Indiana. Come la decisione della Corte Suprema di precludere al nostro Ambasciatore Mancini di lasciare il Paese senza il permesso della stessa Corte. Una palese violazione delle immunità/inviolabilità diplomatiche. Questo atteggiamento costituisce una sproporzionata violazione della Convenzione di Vienna del 1961 sulle relazioni diplomatiche che codifica principi universalmente riconosciuti. L’intera comunità internazionale continua a far valere anche questo principio, fondamentale per le relazioni tra gli Stati, e principio-cardine di diritto consuetudinario e pattizio costantemente ribadito dalla Corte Internazionale di Giustizia (ONU). Nel frattempo nell’opinione pubblica indiana saliva l’astio e il desiderio di vendetta. Dal punto di vista italiano non può sottacersi una verità, tra le tante, “economica”, dei fatti: evitare che l’Italia fosse andata in rotta di collisione con l’India laddove l’ipotesi più rosea sarebbe stata di mettere in discussione circa 8 miliardi di commesse. Questo è un dato. Per il resto occorre verificare la veridicità della ricostruzione apparsa sui media qualche giorno fa. Qui di seguito una ricostruzione. Dal punto di vista giuridico di diritto internazionale nulla cambia. Dal punto di vista etico, della morale, nei confronti dell’essere umano c’è da aggiungere molto altro. Ma attendiamo.

Fausto Biloslavo - Lun, 01/07/2013 - www.faustobiloslavo.eu
E se i marò non avessero mai sparato sul peschereccio St. Anthony, dove la morte di due pescatori indiani ha fatto esplodere una crisi senza precedenti fra Italia e India? Se fossero totalmente innocenti? Lo sostiene Toni Capuozzo in una ricostruzione degli eventi del fatidico 15 febbraio 2012 andata in onda sabato sera su Tgcom 24. La «prova» dell'innocenza di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone si basa sul video di una tv locale che riprende a caldo le parole di Freddy Bosco, capitano ed armatore del St. Anthony appena rientrato, con a bordo i cadavere dei due pescatori, in un porto indiano. «Attorno alle 21.30 (9 pm) ho sentito un forte rumore, mi sono svegliato e ho visto un membro del mio equipaggio con il sangue che gli usciva dal naso e dalle orecchie» dichiara davanti alle telecamere il proprietario del peschereccio che secondo gli indiani sarebbe stato colpito dai nostri fucilieri imbarcati sull'Enrica Lexie. Peccato che l'incidente con la nave italiana, per il quale i due marò saranno processati a Delhi, ha avuto luogo e si è concluso fra le 16 e le 16.30 ora indiana.
Una bella differenza, di cinque ore, con la testimonianza a caldo di Bosco che fissa alle 21.30 la morte dei pescatori. Non solo: la prima comunicazione scritta del centro di controllo marittimo indiano di Mumbai, che chiede alla nave italiana di invertire la rotta è delle 20.36, ora locale. Gli indiani parlano solo di «un incidente a fuoco di pirateria con un sospetto skiff (imbarcazione usata dai bucanieri, nda)». Il comandante, Umberto Vitelli, risponde 11 minuti dopo confermando che sta cambiando rotta per rientrare al porto di Kochi, come richiesto. Prima ancora gli indiani avevano comunicato con la Lexie via telefono satellitare chiedendo cosa fosse accaduto. Lo stesso comandante aveva diramato l'allarme del sospetto attacco pirata respinto dai marò e la comunicazione era stata notata da Mumbai.
Vitelli, prima di virare, aveva voluto la richiesta scritta via mail dagli indiani, giunta alle 20.36 locali. A bordo il computer con la posta elettronica, secondo la società armatrice, ha l'ora italiana (4 ore e mezzo indietro rispetto alla costa indiana). Nave Lexie ha gettato le ancore in porto a Kochi verso la mezzanotte locale del 15 febbraio. Nel frattempo il St. Anthony attracca nel porto di Neendakara e alle 23.15, Bosco dichiara per due volte, davanti alle telecamere, che hanno sparato da una nave contro il suo peschereccio alle 21.30. Ad un certo punto si vede anche un poliziotto alle sue spalle, che deve aver sentito la prima dichiarazione a caldo del capitano e armatore del St. Anthony.
Nella ricostruzione di Tgcom24 si fa notare che nello stesso tratto di mare "alle 22.20 la nave greca Olympic Flair comunica all' Organizzazione Marittima Internazionale) di aver subito un attacco da due imbarcazioni di pirati, che desistono davanti all'allerta dell'equipaggio". A bordo, dopo varie smentite, i greci ammettono che c'erano dei contractor, delle guardie private, ma sostengono che fossero disarmati. Potrebbe anche trattarsi di una voluta ammissione.
Se la dichiarazione a caldo di Bosco della sparatoria in mare alle 21.30 venisse confermata coinciderebbe con la denuncia dello sventato arrembaggio al mercantile greco resa nota meno di un'ora dopo.
L'unico dato certo è che i greci sono già lontani e non hanno alcuna intenzione di tornare indietro, mentre l'Enrica Lexie sta docilmente rientrando in porto con i marò convinti di non aver ucciso nessun pescatore perchè hanno sparato in acqua.
La nave italiana diventa un capro espiatorio perfetto in tempi di campagna elettorale locale con il risultato che Latorre e Girone vengono incastrati.
Fausto Biloslavo - Lun, 01/07/2013 - www.faustobiloslavo.eu

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