E' sorprendente come negli ultimi giorni il governo italiano abbia cambiato
atteggiamento: in un primo momento dichiarando di non fare rientrare in India i
due Marò violando così un impegno preso dall'Ambasciatore Mancini (in quanto
organo dello Stato italiano) e una regola generale del diritto internazionale (pacta
sunt servanda) e, lasciatemelo dire, di correttezza istituzionale e buon senso.
Successivamente però, a seguito delle reazioni del governo indiano (e di taluni
ambienti della comunità internazionale), c'è stato un repentino cambiamento nel
senso di rispettare l'impegno preso, tuttavia a talune condizioni. Gli esiti
sono sorprendenti. Una riflessione preliminare però va fatta sul comportamento disastroso
del nostro governo ed in particolare della nostra diplomazia. Non si prende un impegno solenne (nel
caso specifico con la Corte Suprema indiana) peraltro durante una controversia
difficile e complessa, per poi disattenderlo come se fosse un appuntamento per
una partita di tennis! L'immagine dell'Italia già così debole sul piano
internazionale ne esce ancor di più indebolita (troppo spesso negli ambienti
internazionali ho sentito affermare "i soliti italiani che non mantengono
le promesse"). Sul merito della recente vicenda rilevo che i marò sono
ripartiti per l'India con la garanzia delle autorità indiane che in caso di
condanna (sic!) non sarà applicata loro la pena di morte (sic!) e che i due Marò
risiederanno nell'ambasciata italiana e godranno altresì di libertà di
movimento. Molte contraddizioni in tutto ciò. E' fuor di dubbio che devono
essere accertate le responsabilità, in modo chiaro ed inconfutabile; e ciò, lo
ribadisco, al di là del luogo di commissione del fatto (acque internazionali o interne)
sarebbe stato di competenza della giurisdizione italiana, tutt'al più di un
arbitrato o tribunale internazionale. Ma così non è, stante la decisione ultima
del governo italiano di far rientrare in India i due Marò a seguito della
"garanzia" delle autorità indiane che in caso di condanna non sarà
applicata loro la pena di morte. In poche parole si accetta esplicitamente la
giurisdizione indiana e si "negozia" per ottenere la migliore
sentenza possibile. Che dire. Il primato della politica, cioè a dire, dei
rapporti di forza, sul diritto e sul diritto internazionale in particolare.
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