E' sorprendente come i
media nazionali, soprattutto degli ultimi giorni, trattino l'argomento dei ritardi
dei pagamenti dovuti dalla Pubblica Amministrazione (PA) alle aziende
fornitrici di beni e servizi in un'ottica meramente nazionale. Esaltando le
recenti iniziative del governo come utili e necessarie per dare un po’ di
ossigeno alle imprese italiane oramai sul baratro del fallimento. Dell'Unione
europea (o dell'"Europa" come scrivono i media) nulla, nemmeno un
riferimento alla normativa sovranazionale. Eppure il decreto legislativo n. 212
del 2012 è un atto nazionale obbligato dalla direttiva comunitaria n. 2011/7/Ue
relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento
nelle transazioni commerciali. In questo caso l'obbligo (perché di obbligo
si tratta) scaturente dalla direttiva è il benvenuto (nonché necessario),
giacché sblocca considerevoli capitali bloccati da tempo a favore di aziende
che hanno già fornito beni e/o servizi (sopportando talvolta spese ingenti). In
questo caso l'Unione europea non è il solito "mostro" che stritola
gli Stati membri e obbliga i cittadini a fare scelte sempre più al ribasso
nell'economia familiare. Eppure i media non ne fanno parola. Questo è un
atteggiamento tipico che si consuma negli anni sin dall'inizio del processo di
integrazione europea. Laddove l'Unione è la causa di tutti i nostri mali va
condannata senza esitazione in prima pagina e con giudizi (talvolta) affrettati
e senza cognizione di causa. La critica all'"Europa" (spesso
confondendo Consiglio d'Europa con Unione europea!) paga sul piano mediatico.
Laddove, invece, è dato riscontrare (come nel caso che ci occupa) un'azione
positiva dell'Unione europea (che, mi si creda, non è residuale o minoritaria)
in ordine alla tutela dei diritti delle persone (in questo caso delle persone
giuridiche) e dei cittadini, l'interesse dei media scema vistosamente e dalla
prima pagina, dalle luci della ribalta, si transita, generalmente, in pagine interne o post meno visibili.
Siffatto atteggiamento deve finire. Lo stesso dicasi per i governi nazionali
che spesso, troppo spesso, chiamati a scelte difficili nei confronti dei propri
cittadini-elettori, scaricano le maggiori colpe sull'Unione. Che grande valvola
di sfogo è l'UE per i governi nazionali. Ma ora basta. Non è più possibile
accettare una tale prospettiva. Anche perché, in questo modo, i cittadini si
allontanano sempre più dall'UE giacché percepiscono in negativo l'appartenenza
all'Unione e spesso si sente affermare (senza cognizioni di causa) "ma
quanto ci costa appartenere all'Unione"… Ora, si badi bene, il sistema
politico-legislativo dell'Unione non è perfetto anzi va perfezionato e
migliorato. Sono anni che gli studiosi della materia ne denunciano le carenze e
le imperfezioni. Io credo che il sistema giuridico-politico perfetto non è
stato ancora inventato. La legge perfetta che piace a tutti non è stata ancora
elaborata. Ed allora atteniamoci a giudizi equilibrati, sia qualora ci sia da
contestare (e sarebbe meglio contestare nelle sedi appropriate durante l'iter
legislativo; quando l'atto legislativo entra in vigore ben poco c'è da fare se
non applicarlo); sia laddove ci sia da formulare attestati positivi all'Unione
per aver avuto la capacità di raggiungere un compromesso (Consiglio dei 27
governi, Commissione europea e Parlamento europeo), tale da giungere ad un atto
legislativo di grande importanza e concretezza sulle persone, fisiche e
giuridiche. Come è il caso della direttiva n. 2011/7/Ue approvata dal
Parlamento europeo e dal Consiglio. Si legge nella direttiva che nelle transazioni commerciali tra operatori economici o tra operatori
economici e amministrazioni pubbliche molti pagamenti sono effettuati più tardi
rispetto a quanto concordato nel contratto o stabilito nelle condizioni
generali che regolano gli scambi. Sebbene le merci siano fornite e i servizi
prestati, molte delle relative fatture sono pagate ben oltre il termine
stabilito. Tali ritardi di pagamento influiscono negativamente sulla liquidità
e complicano la gestione finanziaria delle imprese. Siffatti ritardi
compromettono anche la loro competitività e redditività quando il creditore
deve ricorrere ad un finanziamento esterno a causa di ritardi nei pagamenti. Il
rischio di tali effetti negativi aumenta considerevolmente nei periodi di
recessione economica, quando l’accesso al finanziamento diventa più difficile.
Parole sante. E ancora, le imprese dovrebbero poter svolgere le proprie
attività commerciali in tutto il mercato interno europeo in condizioni che
garantiscano che le operazioni transfrontaliere non comportino rischi maggiori
di quelle interne. Pertanto, nell'articolo
1 si stabilisce che lo scopo della direttiva è di lottare contro i ritardi di
pagamento nelle transazioni commerciali, al fine di garantire il corretto
funzionamento del mercato interno, favorendo in tal modo la competitività delle
imprese e in particolare delle PMI. Qual è il problema? La questione riguarda
la non corretta trasposizione nel decreto legislativo n.
212/2012 di alcune norme contenute nella
direttiva. Ci si riferisce principalmente alla "mini-deroga" (tutta
italiana) prevista dalle norme del decreto legislativo che consente alle PA di
pagare a 60 giorni, anziché 30, qualora "sia giustificato dalla natura
dell'oggetto del contratto" ovvero "dalle circostanze esistenti al
momento della conclusione del contratto di fornitura". Si tratta di una ipotesi
non prevista dalla direttiva che potrebbe diventare una scappatoia alle regole
generali comuni. Come dire che un'eccezione diventa la regola. La Commissione
europea ha chiesto, inoltre, che siano riviste anche altre norme. In
particolare è necessario chiarire meglio l'obbligo (per lo Stato italiano) di
assicurare la piena trasparenza dei diritti e degli obblighi previsti dalla
direttiva e inserire a latere delle clausole gravemente inique (o vessatorie)
anche la prassi che i debitori spesso utilizzano per non rispettare i tempi
previsti e per evitare di pagare gli interessi. In conclusione, una
trasposizione in parte positiva e in parte (assolutamente) negativa. Il governo
italiano per scongiurare una procedura di infrazione (con conseguente condanna
della Corte di giustizia UE) dovrà emendare il decreto legislativo n.
212 nelle parti segnalate dalla Commissione. Mi chiedo. E' mai possibile che si
debba sempre trovare una scappatoia, tutta italiana, per "addolcire"
e "addomesticare" una normativa europea che per di più, come in questa
fattispecie, va nel senso di sbloccare ingenti somme e favorire, nei tempi
stabiliti, il buon funzionamento delle imprese e concorrere alla ripresa
dell'economia?
Nessun commento:
Posta un commento