mercoledì 3 aprile 2013

Sulla sentenza della Corte dei diritti dell'uomo in materia di accesso nelle Facoltà universitarie.


Nella sentenza del 2 aprile scorso, la (Camera-Seconda Sezione della) Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo ha deciso che la questione alla base del ricorso della signorina palermitana Claudia Tarantino e altri contro Italia non viola la Convenzione europea dei diritti e delle libertà fondamentali (CEDU). L'oggetto del contendere riguardava l'annosa questione del numero chiuso nelle Facoltà universitarie italiane: annosa poiché da tempo la questione alberga nelle corti nazionali italiane dal primo grado alla cassazione ed alla Corte Costituzionale. Dalla recentissima decisione si ricava che la pratica delle immatricolazioni limitate, a talune condizioni, non viola la CEDU e di conseguenza il diritto (sacrosanto) allo studio. Giacché ancora stamattina nel dare la notizia (per carità tempestivamente ed opportunamente), il quotidiano Il Sole 24 Ore, in prima pagina, ha scritto "La Corte UE: il numero chiuso non viola il diritto allo studio", ritengo di dover fare una precisazione al fine di dare una corretta informazione. Il tribunale internazionale (vale a dire la Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo) non è la Corte UE e men che meno fa parte dell'ordinamento giuridico dell'Unione europea. Si tratta di un'importante giurisdizione internazionale che opera nel contesto giuridico del Consiglio d'Europa (di cui fa parte anche l'Italia) che, lo ricordo, non va confuso con alcune istituzioni comunitarie (Consiglio europeo e Consiglio UE). Inoltre, la Corte di Strasburgo deve valutare (essenzialmente) se uno Stato membro (dei 47 Stati membri) del Consiglio d'Europa ha violato o meno la CEDU, in particolare un diritto o una libertà fondamentali contenuti nella Convenzione. E questo è il caso che ci occupa. Pertanto, la Corte dei diritti dell’uomo rigettando il ricorso di 8 studenti italiani non ammessi alle Facoltà di medicina e odontoiatria, ha ritenuto il numero chiuso ammissibile e conforme con il diritto allo studio sancito dall'art. 1 del Protocollo n. 1 della Convenzione. In particolare, l'articolo 2 del medesimo Protocollo n. 1 sancisce che (nella lingua facente fede) “No person shall be denied the right to education. In the exercise of any functions which it assumes in relation to education and to teaching, the State shall respect the right of parents to ensure such education and teaching in conformity with their own religious and philosophical convictions”. Nella sua decisione la Corte di Strasburgo precisa che la soluzione trovata dal legislatore italiano per regolare l’accesso all’università, cioè la legge n. 127/1997 che modifica in parte la precedente legge n. 341/1990, è ragionevole e non eccede l’ampio margine di discrezione che gli Stati hanno in questo ambito (in materia si vedano le sentenze Leyla Şahin v. Turkey [GC], no. 44774/98, §§ 134-42, ECHR 2005-XI, and Mürsel Eren v. Turkey, no. 60856/00, § 41, ECHR 2006-II). [NdR: l'acronimo ECHR sta per Corte europea dei diritti dell'uomo]. La decisione della Corte è stata presa a larga maggioranza, vale a dire, 6 giudici contro 1 (c.d. "opinione dissenziente" nella fattispecie del giudice Pinto de Albuquerque) peraltro pubblicata in calce alla sentenza. In Italia è già battaglia. L'associazione dei consumatori CODACONS, rilancia con profili di costituzionalità: il fatto che secondo i giudici internazionali il numero chiuso non sia incompatibile con quanto sancito dalla CEDU, non significa che i test d'ingresso rispettino la normativa italiana, a cominciare dalla Costituzione. Ad essere violato secondo il CODACONS non è solo il diritto allo studio sancito dall'art. 3, 33 e 34 della Costituzione, ma anche il libero accesso alle professioni. Una sentenza che, per quanto sia un'occasione perduta, lascia impregiudicate tutte le possibili azioni legali  italiane (ancorché come si diceva già esperite più volte); nelle more il CODACONS ha già provveduto a diffidare il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca chiedendo l'eliminazione dei test di ammissione e, in attesa delle sentenza della Corte Costituzionale, ha già pronta una class action per risarcire gli studenti esclusi dalle Facoltà. Come concludere? Ovviamente una sentenza come quella odierna stimolerà un ampio dibattito. Posso solo aggiungere che la questione non è solo italiana ma riguarda altri Paesi in Europa (sia Stati del Consiglio d'Europa sia Membri dell'Unione europea). Sicuramente sul diritto all'istruzione si valuta il livello di civiltà di un Paese e delle sue istituzioni democratiche. Il "cosiddetto stato di diritto" si basa anche su questo diritto sacrosanto. E' pur vero, tuttavia, che come accade per altri diritti e libertà fondamentali è possibile prevedere dei temperamenti. E credo che con le opportune garanzia su questo si debba lavorare in futuro.

1 commento:

  1. Direi che la questione è tutta da decidere. Aspettiamo la Corte costituzionale italiana. peraltro la Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo si occupa soltanto del caso concreto; cioè della compatibilità della legge nazionale con la Convenzione.

    RispondiElimina