domenica 15 dicembre 2013

Riflessioni sul concetto di "sovranità" nel mondo contemporaneo globalizzato


Parlare di "sovranità" oggi è sorprendente se non (a dir poco) utopistico. Sfruttando il generale malcontento e cavalcando l'onda del populismo, e senza argomentare alcuna soluzione alternativa attendibile, c'è ancora chi invoca la sovranità dello Stato avendo in mente la sovranità secondo il Montesquieu (1700) o addrittura il Bodin (1500). Quella sovranità stava ad indicare la posizione di assoluta indipendenza dello Stato nei riguardi di ogni altra entità o persona giuridica esistente al suo esterno (cosiddetta "sovranità esterna"). Tuttavia, com'è noto, nello Stato contemporaneo,  lo jus majestatis subisce non pochi limiti di diritto che derivano sostanzialmente dall'ordinamento internazionale (il cui scopo, lo ricordo, è quello di assicurare la coesistenza fra gli Stati e di tutelare i popoli e i singoli individui (ad esempio: protezione dei diritti umani). Rammento che l'art. 10, prima frase, della Costituzione della Repubblica italiana sancisce in modo inequivoco che "l'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute". Ed inoltre, il successivo art. 11, seconda frase, chiarisce ancora meglio che l'Italia "consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo". Pertanto, la sovranità dello Stato, necessariamente, entra in rotta di collisione con ordinamenti sovranazionali (in primo luogo quello dell'Unione europea) e, di conseguenza, incontra dei limiti al proprio esclusivo esercizio (ad esempio le norme consuetudinarie relative al trattamento degli stranieri e degli agenti diplomatici stranieri, o ai principi in materia di divieto di inquinamento transfrontaliero, ecc.). Inoltre lo Stato può acconsentire a delle limitazioni della propria sovranità per effetto dell’adesione a organizzazioni internazionali, ovvero ad enti fortemente sovranazionali (para-costituzionali) come l'Unione europea dotate di propri poteri e funzioni tali da configurare una "interferenza", talora assai penetrante, nella potestà dello Stato stesso. A meno che l'Italia non voglia diventare "anarchica" dal punto di vista internazionale, vale a dire chiusa su se stessa, senza contatti con il mondo, ciò non appare plausibile in un contesto internazionale globalizzato quale quello che viviamo nel terzo millennio. Eppure, evidentemente in modo strumentale, si invoca di continuo la sovranità…senza tener conto che basta un'agenzia di rating (chi sono costoro??) con un giudizio negativo nei confronti di uno Stato (sic!) per far cadere nel baratro economia finanziaria e, aggiungerei, anche l'economia reale (che definirei "costo per i cittadini"). Allora cosa si può fare? 1) lasciare tutte le organizzazioni internazionali e chiuderci in noi stessi; ovvero 2) cercare di partecipare di più alla formazione delle norme internazionali ed, in specie, europee. Ad esempio andando a votare alle prossime elezioni europee del prossimo mese di maggio 2014. Con un Parlamento forte, ben costituito, i cittadini sono rappresentati nel sistema istituzionale e legislativo dell'Unione europea e possono influenzare le sorti di moltissime politiche europee (dall'agricoltura, all'ambiente, alla tutela dei consumatori, all'immigrazione, ecc.). Ciò non accadendo avremo un Parlamento europeo debole che non potrà interloquire a pieno titolo con le altre istituzioni, in particolare, Commissione e Consiglio (dei governi degli Stati membri), lasciando carta bianca ai voleri degli Stati membri più influenti.


Nessun commento:

Posta un commento