Parlare di "sovranità"
oggi è sorprendente se non (a dir poco) utopistico. Sfruttando il generale
malcontento e cavalcando l'onda del populismo, e senza argomentare alcuna
soluzione alternativa attendibile, c'è ancora chi invoca la sovranità dello
Stato avendo in mente la sovranità secondo il Montesquieu (1700) o addrittura
il Bodin (1500). Quella sovranità stava ad indicare la posizione di assoluta
indipendenza dello Stato nei riguardi di ogni altra entità o persona giuridica
esistente al suo esterno (cosiddetta "sovranità esterna"). Tuttavia, com'è
noto, nello Stato contemporaneo, lo
jus majestatis subisce non
pochi limiti di diritto che derivano sostanzialmente dall'ordinamento
internazionale (il cui scopo, lo ricordo, è quello di assicurare la coesistenza
fra gli Stati e di tutelare i popoli e i singoli individui (ad esempio: protezione
dei diritti umani).
Rammento che l'art.
10, prima frase, della Costituzione della Repubblica italiana sancisce in modo
inequivoco che "l'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme
del diritto internazionale generalmente riconosciute". Ed inoltre, il
successivo art. 11, seconda frase, chiarisce ancora meglio che l'Italia "consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di
sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra
le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a
tale scopo". Pertanto, la sovranità dello Stato, necessariamente,
entra in rotta di collisione con ordinamenti sovranazionali (in primo luogo
quello dell'Unione europea) e, di conseguenza, incontra dei limiti al proprio
esclusivo esercizio (ad esempio le norme consuetudinarie relative al
trattamento degli stranieri e degli agenti diplomatici stranieri, o ai principi
in materia di divieto di inquinamento transfrontaliero, ecc.). Inoltre lo Stato
può acconsentire a delle limitazioni della propria sovranità per effetto
dell’adesione a organizzazioni internazionali, ovvero ad enti fortemente
sovranazionali (para-costituzionali) come l'Unione europea dotate di propri poteri
e funzioni tali da configurare una "interferenza", talora assai
penetrante, nella potestà dello Stato stesso. A meno che l'Italia non voglia
diventare "anarchica" dal punto di vista internazionale, vale a dire
chiusa su se stessa, senza contatti con il mondo, ciò non appare plausibile in
un contesto internazionale globalizzato quale quello che viviamo nel terzo
millennio. Eppure, evidentemente in modo strumentale, si invoca di continuo la
sovranità…senza tener conto che basta un'agenzia di rating (chi sono costoro??)
con un giudizio negativo nei confronti di uno Stato (sic!) per far cadere nel
baratro economia finanziaria e, aggiungerei, anche l'economia reale (che
definirei "costo per i cittadini"). Allora cosa si può fare? 1)
lasciare tutte le organizzazioni internazionali e chiuderci in noi stessi;
ovvero 2) cercare di partecipare di più alla formazione delle norme
internazionali ed, in specie, europee. Ad esempio andando a votare alle
prossime elezioni europee del prossimo mese di maggio 2014. Con un Parlamento
forte, ben costituito, i cittadini sono rappresentati nel sistema istituzionale
e legislativo dell'Unione europea e possono influenzare le sorti di moltissime
politiche europee (dall'agricoltura, all'ambiente, alla tutela dei consumatori,
all'immigrazione, ecc.). Ciò non accadendo avremo un Parlamento europeo debole
che non potrà interloquire a pieno titolo con le altre istituzioni, in
particolare, Commissione e Consiglio (dei governi degli Stati membri),
lasciando carta bianca ai voleri degli Stati membri più influenti.
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