L'Unione europea apre una
procedura d'infrazione sulla responsabilità civile dei giudici
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suhttp://www.ansa.it/europa/notizie/rubriche/giustizia/2013/09/25/Ue-apre-infrazione-responsabilita-civile-giudici_9357170.html del 25 settembre 2013, pubblicato alle ore 17:16]
Breve
nota sulla responsabilità dei magistrati nella giurisprudenza della
Corte di giustizia dell’Unione europea - See more at:
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Rimando al mio breve commento su DUIT del 29 novembre 2011 al seguente indirizzo:
http://www.duitbase.it/note-e-commenti/117-breve-nota-sulla-responsabilita-dei-magistrati-nella-giurisprudenza-della-corte-di-giustizia-dellunione-europea
La recente sentenza della Corte di giustizia UE (d'ora in avanti Corte UE) del 24 novembre 2011 nella causa C-379/10 sulla responsabilità
(civile) dei magistrati mostra, in primo luogo, che non vi è ambito del
diritto nazionale che non può essere interessato dal diritto
dell'Unione europea. Anche nei gangli più intimi delle sovranità statali
come l'ordinamento giudiziario, in specie penale, il diritto UE si pone
come "interfaccia" dei diritti nazionali (e delle procedure
giudiziarie), sì da comportare un'armonizzazione sostanziale delle
discipline nazionali ovvero, a voler minimizzare, quanto meno
un'interpretazione conforme di queste ultime. La sentenza mostra altresì
una profonda disparità di vedute sulla fattispecie della Corte UE e
della Corte di Cassazione.
Nel caso in commento, il sistema
nazionale italiano di responsabilità civile dei giudici è stato ritenuto
dalla Corte UE non conforme al diritto dell'Unione. Ma soprattutto non
idoneo a tutelare gli eventuali danni provocati ai singoli per
violazione del diritto UE. In particolare, la sentenza richiama il
principio, consolidato, della responsabilità degli Stati membri per
violazione del diritto dell'Unione, in questa circostanza, da parte di
un organo giurisdizionale nazionale di ultima istanza. La sentenza della
Corte UE giunge a seguito di un ricorso per inadempimento (c.d.
"procedura di infrazione") presentato dalla Commissione europea ai sensi
dell'art. 258 TFUE. Se è vero che la sentenza è destinata ad avere
effetti importanti nel nostro ordinamento giuridico, è anche vero che
non si tratta di giurisprudenza nuova. Anzi il principio generale di
responsabilità dello Stato membro affonda le radici nella storica sentenza Francovich del 19 novembre 1991, cause C-6/90 e C-9/90;
da quel momento una costante giurisprudenza della Corte UE ne ha
perfezionato alcuni profili ma non ne ha modificato la sostanza. Così da
giungere all'affermazione che la responsabilità dello Stato può essere
provocata da qualsiasi organo nazionali indipendentemente se del potere
legislativo, esecutivo, giudiziario (sentenza 30 settembre 2003, causa C‑224/01, Köbler).
Nel dispositivo della sentenza la Corte afferma che: "La Repubblica
italiana, escludendo qualsiasi responsabilità dello Stato italiano per i
danni arrecati ai singoli a seguito di una violazione del diritto
dell'Unione imputabile a un organo giurisdizionale nazionale di ultimo
grado, qualora tale violazione risulti da interpretazione di norme di
diritto o da valutazione di fatti e prove effettuate dall'organo
giurisdizionale medesimo, e limitando tale responsabilità ai soli casi
di dolo o colpa grave, ai sensi dell'art. 2, commi 1 e 2, della legge 13
aprile 1988, n. 117, sul risarcimento dei danni cagionati
nell'esercizio delle funzioni giudiziarie e sulla responsabilità civile
dei magistrati, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza
del principio generale di responsabilità degli Stati membri per
violazione del diritto dell'Unione da parte di uno dei propri organi
giurisdizionali di ultimo grado".
Occorre ricordare che secondo costante
giurisprudenza della Corte, tre sono le condizioni in presenza delle
quali uno Stato membro è tenuto al risarcimento dei danni causati ai
singoli per violazione del diritto dell'Unione al medesimo imputabile,
vale a dire che la norma giuridica violata sia preordinata a conferire
diritti ai singoli, che si tratti di violazione sufficientemente
caratterizzata e, infine, che esista un nesso causale diretto tra la
violazione dell'obbligo incombente allo Stato e il danno subito dai
soggetti lesi (v. sentenze 5 marzo 1996, cause riunite C‑46/93 e C‑48/93, Brasserie du pêcheur e Factortame; 4 luglio 2000, causa C‑424/97, Haim; e di recente 24 marzo 2009, causa C‑445/06, Danske Slagterier). Inoltre la Corte nella sentenza 3 giugno 2006, causa C‑173/03, Traghetti del Mediterraneo,
ha affermato che il diritto dell'Unione osta ad una legislazione
nazionale che escluda, in maniera generale, la responsabilità dello
Stato membro per i danni arrecati ai singoli a seguito di una violazione
del diritto dell'Unione imputabile a un organo giurisdizionale di
ultimo grado per il motivo che la violazione controversa risulti da
un'interpretazione delle norme giuridiche o da una valutazione dei fatti
e delle prove operate da tale organo giurisdizionale (punti 33-34).
Pertanto, la Commissione europea contesta alla Repubblica italiana di
escludere, per effetto dell'art. 2, secondo comma, della legge n.
117/88, qualsiasi responsabilità dello Stato italiano per i danni
causati a singoli derivanti da una violazione del diritto dell'Unione
compiuta da uno dei suoi organi giurisdizionali di ultimo grado, qualora
tale violazione derivi dall'interpretazione di norme di diritto o dalla
valutazione dei fatti e delle prove effettuate dal giudice medesimo
(punto 31).
In effetti tale disposizione costituisce
una clausola di esclusione di responsabilità autonoma rispetto al
disposto di cui ai commi 1 e 3 del medesimo art. 2. ai sensi dell'art. 2
della legge n. 117/88, la normativa italiana in materia di
responsabilità dello Stato per i danni causati nell'esercizio delle
funzioni giudiziarie prevede, da un lato, ai commi 1 e 3 di tale
articolo, che tale responsabilità è limitata ai casi di dolo, di colpa
grave e di diniego di giustizia, e, dall'altro, al secondo comma
dell'articolo stesso, che «non può dar luogo a responsabilità l'attività
di interpretazione di norme di diritto né quella di valutazione del
fatto e delle prove». Sicché la responsabilità resta esclusa, in via
generale, nell'ambito dell'interpretazione del diritto e della
valutazione dei fatti e delle prove. Dalla giurisprudenza della Corte
UE, tuttavia, emerge che ancorché non può escludersi che il diritto
nazionale precisi i criteri relativi alla natura o al grado di una
violazione, criteri da soddisfare affinché possa sorgere la
responsabilità dello Stato, in un'ipotesi siffatta tali criteri non
possono imporre requisiti più rigorosi di quelli derivanti dalla
condizione di una manifesta violazione del diritto vigente (cfr.
sentenze citate).
L'Italia pertanto dovrebbe modificare la
legge 117/88 che presenta limiti oggettivi e soggettivi al risarcimento
dei danni ai singoli. Nel frattempo i giudici nazionali sono tenuti a
disapplicare le norme della legge 117/88 e garantire in ogni caso il
risarcimento dei danni ai singoli. Il diritto UE prevede in questi casi
la non applicazione della norma nazionale incompatibile e non
l'abrogazione diretta che rimane di competenza statale. Vero è,
tuttavia, che lasciare siffatta norma vigente ed applicabile al di fuori
del diritto UE può essere una via perseguita, pena però una evidente
disparità di trattamento tra cittadini ed una evidente discriminazione.
Potrebbe essere invece un'ulteriore occasione per riformare e
ammodernare un ordinamento giuridico non sempre volto alla tutela dei
diritti dei singoli.
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